Si è chiusa sabato 24 settembre, con l’escursione alle miniere di Traversella, la manifestazione Geoitalia 2011, che ha visto la partecipazione di circa 1500 geologi da 17 Paesi.
Come vogliono i tempi che corrono, grande spazio è stato dato al lodevole tentativo di inserire temi e punti di vista geologici nei filoni più gettonati del dibattito culturale, dalla geoetica alla geologia del clima, dalla comunicazione territoriale allo sviluppo sostenibile, dall’enogeologia alla celebrazione storica del centocinquantenario italiano. È il modo in cui il mondo accademico chiede il conforto, il confronto ed il sostegno della società per le sue battaglie di sopravvivenza. E la sopravvivenza delle istituzioni di ricerca è premessa per la sopravvivenza della nostra civiltà. Spero prima o poi di arrivare ad esprimere un parere sensato su questi tentativi di seduzione del pubblico che non appaiono ancora tutti ben riusciti, in quanto sovente sembrano volersi inserire in “graduatorie di audience” estranee al valore culturale della scienza (vedi anche l’intervento di M. Tozzi, sessione U3).
Per me il piacere di questa edizione è stato di avere il nord-ovest d’Italia finalmente all’onore della ribalta, sia nelle sessioni tematiche (orali/poster) che nelle escursioni (chiamate “eventi” e “corsi brevi”), grazie alla scelta di svolgersi al Lingotto di Torino, scelta che ha favorito gli argomenti alpini liguro-piemontesi e valdostani.
Aiutandomi con gli abstracts per gli interventi cui non ho assistito, cercherò di raggruppare alcuni temi e punti di vista nuovi o stimolanti venuti fuori nelle sei giornate di studio.
La Collina di Torino
Il tema del pomeriggio di lunedì 19 era la classica sezione della Collina di Torino per verificarne il rilievo strutturale, cioè la piega (anticlinale) nei depositi terziari che li solleva ad arco sotto la spinta appenninica (da sud) e ne espone in superficie, di sbieco, anche gli strati più vecchi (Eocene). Le superfici degli strati affioranti sono sempre a franapoggio, sia verso Chieri che verso San Mauro; la sommità della piega è parzialmente tagliata dall’erosione (e dai lavori settecenteschi per la Basilica di Superga). Fa sempre un certo effetto ritrovare in un contesto totalmente diverso ciottoli e clasti di serpentiniti ed altre metaofioliti alpino-appenniniche (depositi fluviali o conglomerati): sembrerebbe facile da questi sedimenti risalire a ritroso nella storia della catena alpino-appenninica attraverso le varie fasi erosive-deposizionali. Impressionante a questo proposito il “bernoccolo” arido del Bric Paluc, che riproduce in conglomerato una delle piccole masse peridotitiche sparse sulla catena alpino-appenninica.
Le novità di quest’anno erano da un lato la disponibilità della carta geologica al 1:50’000 per referenziare gli affioramenti, e dall’altro le scoperte legate al rilevamento cartografico stesso, in particolare il reperimento di varie serie di terrazzi fluviali sul fianco della collina interpretabili come stadi successivi del sollevamento, in corso da meno di duecentomila anni.
La didattica
La giornata di martedì 20 poteva essere dedicata alla didattica ed alla comunicazione della scienza in Valle d’Aosta, sotto la direzione di Paola Tartarotti e di Susanna Occhipinti. L’appuntamento ad Aosta era al grande e moderno laboratorio di didattica allestito dalla Regione per l’insieme delle scuole valdostane. Orientato forzatamente (assurdità dei programmi italiani) verso elementari e medie (adesso non si chiamano più così ma ci siamo capiti), la sterminata attrezzatura privilegia sistemi, giochi e meccanismi che lavorano per analogia, ma non mancano strumenti complessi che solitamente anche i laboratori universitari faticano a procurarsi.
Il paesaggio dei geositi valdostani è stato solo sfiorato nel trasferimento al Forte di Bard dove dovevano esserci illustrati i laboratori e le animazioni in Scienze della Terra per le scuole. In realtà, dopo una dettagliata visita guidata al Museo, in cui le geoscienze sono esposte in modo piuttosto sciatto e banale, si è constatato che di geologia vera e propria a Bard non se ne parla e sono in piedi solo animazioni genericamente naturalistiche.
Alcune sessioni tematiche
Dal mercoledì 21 al venerdì 23 settembre si sono susseguiti i “simposi” sui più svariati argomenti. Riassumo qui qualcosa che mi è rimasto, sperando di aver capito bene (per fortuna si parlava italiano).
Avevo seguito un po’ in questi anni il lungo dibattito sulle attribuzioni cronologiche e stratigrafiche del Vallesano valdostano, in particolare il Vallone del Breuil a La Thuile: quali contatti erano stratigrafici e quali tettonici, da dove veniva il minuscolo oceano di cui lì affiorano i fondali, di che epoca erano i vari elementi del puzzle. Ora sembra che si ampli a tutta la catena alpina occidentale la rimessa in discussione degli “apparentamenti” finora attribuiti alle varie unità. Falde continentali non-eclogitiche come la Dent Blanche (Cervino) o il Pillonet sembrano avere equilibri metamorfici analoghi e coevi con la falda oceanica Combin sulla quale riposano, facendo presumere un accoppiamento di lunga durata nella subduzione alpina. Inversamente, falde continentali eclogitiche come il Mont Emilius o i lembi di Châtillon, Saint-Vincent e Brusson mostrerebbero equilibri metamorfici della stessa intensità e coevi con la falda oceanica profonda Zermatt-Saas che li ospita attualmente (Dal Piaz G.V., sessione G1). Quello che si supponeva avvicinato “casualmente” nelle ultime fasi dell’orogenesi alpina sembra in realtà intimamente connesso “dall’inizio” del ciclo. E connettere “dall’inizio” rocce continentali ed oceaniche implica una riflessione profonda sulla tettonica globale, implica addirittura ammettere, dicono alcuni, l’esistenza fra le placche di fasce intermedie tra continentali ed oceaniche (OCTZ, oceanic-continental transition zone) della larghezza di circa 200 km (che in realtà non è poi molto, dico io). Nel mondo vi è attualmente una dozzina di margini di placca candidati al ruolo di OCTZ (Beltrando M., sessione G1).
Altri temi colti qua e là
M.G. Malusà (sessione G1) affronta quello che a me è sempre sembrato il problema chiave della geodinamica alpina, e cioè la risalita delle rocce subdotte dopo il picco metamorfico ad alta pressione e bassa temperatura (eclogitizzazione). Problematica l’ipotesi dei canali di flusso, incompatibile con le misure termodinamiche l’ipotesi del “rimbalzo” da rottura della placca in subduzione (slab), secondo l’autore si può esplorare l’ipotesi di una fase distensiva nel periodo (Eocene) tra l’eclogitizzazione e l’esumazione. Deviando provvisoriamente verso NE, la placca adriatica avrebbe potuto creare ad ovest le condizioni per una esumazione delle unità eclogitiche nelle modalità che possiamo ora osservare.
G.V. Dal Piaz (sessione B9) passa in rassegna alcune frane profonde (DGPV, deformazioni gravitative profonde di versante) in Valtournenche ed in Val d’Ayas alla ricerca di fattori comuni o analogie di situazioni che possano spiegare il verificarsi di tali fenomeni sostanzialmente simili in tanti contesti così diversi, privi di uniformità litologica o strutturale.
M. Giardino (sessione F2) si fa carico di una serie di attività per la didattica e la divulgazione delle geoscienze in Piemonte e Valle d’Aosta.
Miniere di Traversella
Il Gruppo Mineralogico della Valchiusella è un team estremamente attivo e preparato, che collabora proficuamente con grandi istituzioni scientifiche, in particolare il Museo regionale di Scienze Naturali di Torino, e gestisce un Museo mineralogico di tutto rispetto. Pubblica un Notiziario annuale ricco di cultura scientifica e di informazioni utili, e organizza le visite in miniera. In questa occasione si è anche distinto (ma pare succeda sempre) nell’accoglienza calorosa e nell’offerta di specialità gastronomiche locali. Sito internet: www.gmv.traversella.com.