Una eccezionale concentrazione di natura, storia e civiltà alpina nella suggestione delle Gole di Montjovet.
Un breve percorso a piedi è stato allestito a Saint-Vincent tra le frazioni di Cillian e Feilley per visitare il Geosito “Ponte Romano – Tsailleun” registrato nell’inventario del Servizio Geologico Nazionale (ISPRA). Percorso verificato a marzo 2019.
Luogo: Comune di Saint-Vincent, località Fera – Ponte Romano.
Accesso: Provenendo da Torino-Ivrea: S.S. 26, bivio per Saint Vincent. Provenendo dall’autostrada A5, casello di Châtillon, o da Monte Bianco-Aosta: uscita di Saint Vincent verso Est.
Trasporti pubblici: fermata autobus Pont-Saint-Martin – Aosta e navetta dalla Stazione Ferroviaria di Châtillon.
Stazionamento: ampio parcheggio con giardino presso il Ponte Romano.
Coordinate Gps: N 45°44.423 – E 07°39.678
Lunghezza: poco più di un chilometro.
Dislivello: 120 m.
Tracciato: larga mulattiera, pista sterrata, sentiero. Adatto ai bambini con le normali cautele.
Segnaletica: verticale, gialla e nera, con logo del geosito.
Documentazione: cartello introduttivo al parcheggio; cartello sul sentiero al Belvedere Basso; fascicolo trilingue di 16 pagine con cartina all’Ufficio del Turismo; fascicolo Geosito Ponte Romano-Tsailleun presso il Museo Mineralogico di Piazza del Mercato 10 a Saint-Vincent.
Tempo consigliato: un paio d’ore con le soste.
Periodo consigliato: da marzo a novembre (inverno solo mattino). Fioriture più belle: a marzo gli anemoni, a maggio l’alisso e la silene.
Cellulare: tutti gli operatori.
Strutture ricettive: alberghi, ristoranti e B&B nelle vicinanze.
Prima o dopo l’escursione si consiglia caldamente di visitare l’apposito Padiglione delle rocce al Museo mineralogico del Cenacolo Italo Mus aperto il sabato e la domenica (in luglio-agosto tutti i giorni) a Saint-Vincent in piazza del Mercato n. 10.
Il percorso di visita, sempre contrassegnato dal logo del geosito, inizia a fianco del Ponte romano e prosegue sulla larga mulattiera verso Cillian, costeggiando prati, vigne, orti e frutteti. Quindi traversa a destra per risalire il risalto roccioso e sbucare alla sua sommità nello spazio attrezzato del Belvedere Basso, dove occhieggiano le prime incisioni rupestri. Osservato il paesaggio con l’aiuto del cartello, si ritorna sulla stradina sterrata (sullo sbancamento tipici depositi morenici), fino ad immettersi sulla strada comunale per Feilley.
Dalla strada asfaltata, appena dopo la fermata del bus, si prende subito il sentierino a destra che risale la costa sotto ai castagni, e lo si segue sempre più panoramico fino al Belvedere Alto, segnato con il cippo numero 1 di fronte alla paleofrana di Rodoz. Accanto si potrà osservare la roccia descritta al cippo numero 2, con i favolosi minerali delle Pietre Verdi. Più avanti il cippo numero 3 segna altri massi erratici, muretti, coppelle, dossi montonati. Sulla cima una croce in pietra e un bel panorama. Per il ritorno scendere per la via dell’andata eventualmente vagabondando per prati, fiori, roccioni e muretti multicolori. Dalla strada asfaltata per Emarèse una deviazione alle case di Chadel farà toccare la bella marmitta dei giganti in roccia eclogitica.
Temi della visita
Le rocce
Un Geosito è un luogo in cui uno o più oggetti geologici significativi sono esposti in modo particolarmente leggibile, o sono comunque da preservare. Il Geosito Ponte Romano – Tsailleun espone in modo chiaro alcune strutture geologiche fondamentali.
- Affiora una scaglia dislocata di mantello terrestre, costituita da serpentiniti. Sono ben esposte tra il Belvedere Alto e la cima. Si tratta di quella parte del Pianeta normalmente inaccessibile agli esseri viventi in quanto sta in profondità sotto la crosta rigida che costituisce il nostro habitat.
- Nella roccia del mantello, una serie di minerali ben visibili ad occhio nudo permette di ricostituire la composizione di partenza di questa parte del nostro Pianeta, e le sue trasformazioni sul fondo dell’antico oceano alpino. In particolare si osservano antigorite, pirosseni, magnetite ed olivina titanifera.
- Affiora altresì una porzione profonda della crosta oceanica, ovvero la parte di crosta terrestre che forma le piane abissali sul fondo degli oceani, al suo contatto basale con il mantello. La si trova esposta all’inizio del percorso, sotto la palestra di roccia, e soprattutto fra le case di Chadel.
- Nella roccia della crosta oceanica, costituita qui da metagabbro, un assemblaggio di minerali (granato, anfibolo blu, epidoto…) permette di ricostruire, nei tempi geologici (da 90 a 30 milioni di anni fa) gli spostamenti verticali della massa rocciosa, dal fondo oceanico allo sprofondamento crostale di varie decine di chilometri, e infine alla risalita in superficie.
- Si riconoscono vari eventi deformativi duttili, ovvero pieghe e scistosità acquisite dalla roccia nei suoi movimenti in profondità. Le ultime deformazioni hanno anche influenzato la giacitura e l’assetto delle bancate rocciose.
Il paesaggio
Il Geosito illustra inoltre in modo chiaro alcuni fenomeni geomorfologici di notevole interesse per la storia geologica più recente e per la storia umana.
- Il grande gomito del fiume, e di conseguenza della valle, è accidentato da numerose antiche frane in conseguenza di movimenti profondi della massa rocciosa. Visibile dal Belvedere Basso.
- L’erosione glaciale si è esercitata da parte dello scomparso ghiacciaio bàlteo sia sulle serpentiniti, con abrasione e striature su grandi dossi montonati (verso la cima), sia sui metagabbri della crosta con una spettacolare marmitta dei giganti (villaggio di Chadel).
- Il ghiacciaio balteo scomparso ha deposto un ampio campionario di rocce valdostane nei blocchi erratici, fra cui predominano bianchi massi di granito del Monte Bianco, qui anche innalzati in variopinti muretti a secco.
- La composizione della morena di fondo dell’antico ghiacciaio è illustrata sullo sbancamento della pista sterrata tra il Belvedere Basso e la strada per Feilley. Vi si trovano blocchi eterometrici (di qualsiasi dimensione) leggermente smussati, immersi irregolarmente in una matrice fine piuttosto abbondante.
- La spettacolare Paleofrana di Rodoz (dal Belvedere Alto, cippo n. 1) non è stata ancora datata con precisione ma possiamo considerarla avvenuta alcune migliaia di anni dopo la deglaciazione. Presenta freschissime forme concave (nicchia di distacco) e convesse (corpo detritico sottostante, sezionato dal fiume). A monte spiccano i resti del lago di sbarramento che si formò in conseguenza del crollo, con terrazze residuali del fondo lacustre e grandi spianate protese verso il centro della valle (deltaconoidi).
Testimonianze storiche
La Storia europea ha profondamente interagito nei secoli con le emergenze geologiche producendo un patrimonio ambientale estremamente ricco e territorialmente concentrato:
- dei tempi preistorici restano alcune antichissime incisioni rupestri a martellina sulle serpentiniti del Mont des Fourches, poco a valle del Geosito;
- nel I secolo a. C. la Via consolare delle Gallie, con il Ponte Romano, venne tracciata anch’essa presso il bordo a valle del Geosito, ma evitava le gole tenendosi alta sul versante sinistro idrografico;
- la viabilità medievale fu tracciata più in basso, attraverso le Gole di Montjovet, con bivio alternativo verso il castello di Ussel tramite l’acrobatico Ponte delle Capre;
- quattro castelli medievali (Chenal, Saint-Germain, Ussel e Cly) fanno corona al geosito, alcuni arroccati su grandi blocchi delimitati da fratture nel corpo roccioso.
La civiltà alpina
Inesorabilmente l’utilizzo tradizionale di questo territorio estremamente originale si riduce sempre più per le difficoltà di una produzione non abbastanza valorizzata dal mercato. Nel 2018 si registra l’abbandono della vigna più bella in mezzo alle rosse rocce serpentinose. Oltre a qualche nuovo utilizzo, restano le testimonianze dei secoli appena passati, da scoprire con attenzione:
- le numerose incisioni rupestri (coppelle, canalette, polissoirs, segni lineari) praticate sulle vene di clorite (“pietra ollare”) che solcano le serpentiniti;
- le tracce del lavoro umano nelle vigne ancora in produzione, negli antichi campi di cereali sospesi fra le rocce, nel castagneto, nei muretti;
- la grande croce in pietra sulla sommità del monte, con iscrizione dedicatoria;
- la palestra di roccia, a fianco del Ponte Romano, su una faglia a specchio nelle serpentiniti.
Le fioriture
L’inventario della flora registra, oltre alle antiche infestanti dei campi di cereali (papavero, fiordaliso):
- numerose specie di orchidee selvatiche;
- almeno due specie di orobanche, parassite dell’Artemisia campestris;
- spettacolari fioriture gialle di brassicacee legate a substrati in serpentinite, in particolare Alyssum argenteum;
- una rara felce anch’essa legata a substrati serpentinosi, la Notholaena marantae;
- abbondanti fioriture di specie non banali, come Pulsatilla montana, Corydalis solida, Silene armeria, Muscari comosum;
- uno sfondo colorato per tutta la primavera e l’inizio dell’estate: garofanini, sassifraghe, semprevivi delle rocce, cerastium, ginestrino, valeriana…
Ringraziamenti
Chi mi ha fatto conoscere il Mont Tsailleun, il “roccione dei fulmini”, è l’amico botanico Maurizio Bovio, che amorevolmente percorre il territorio valdostano da più tempo di me. Gli devo anche questo.
Ringrazio pure il Sindaco Mario Borgio, che giusto vent’anni fa magnanimamente incoraggiò la valorizzazione scientifica e turistica del sito pubblicando i fascicoli e finanziando la segnaletica e i cartelli.