La montagna ha un cuore di ferro.
La risorsa mineraria più seria della regione affiora a 2.500 m in un quadro naturale ricco di interesse ambientale e paesaggistico.
Località: Cogne, Valle d’Aosta.
Accesso: Autostrada A5 uscita Aosta-ovest. Autobus di linea da Aosta.
Partenza: Località Montroz, sulla strada per Gimillan che si imbocca all’uscita dal capoluogo di Cogne. Piccolo parcheggio, cercare eventualmente anche all’ex-villaggio minerario poco sotto.
Quota partenza: 1650 m.
Punto culminante: praterie intorno alla miniera di Liconi, 2500 m.
Dislivello: 850 m.
Tipo di percorso: ad anello, su sentiero ben tracciato, di medio impegno.
Segnavia: nell’ordine 9a, 8d, 9.
Precauzioni: Non avvicinarsi troppo ai fabbricati minerari di Colonna e Costa del Pino per rischio di crolli e caduta vetri (soprattutto se tira vento). Cautela verso scavi e gallerie (in genere chiuse).
Tempo di percorrenza: 4-5 ore il circuito completo al netto delle soste.
Periodo consigliato: giugno-ottobre, o più tardi verificando l’assenza di neve al suolo.
Documentazione: Guide geologiche regionali n°3 (vol. I itin. 8 / vol. II itin. F), BeMa editrice, Milano 1992. Carta geologica d’Italia alla scala 1:50.000, foglio 091 Chatillon, ISPRA Servizio Geologico d’Italia, Roma 2010.
Tema geologico: Le mineralizzazioni alpine nelle rocce che hanno avuto origine da una placca oceanica. Diversi livelli della falda oceanica, dal mantello litosferico ai metasedimenti pelagici.
Ultima verifica percorso: giugno 2015.
Approccio geologico a CogneTutta la Valle di Cogne è una sinfonia geologica in cui si rimbalza continuamente dalle strutture alle morfologie, dalle lagune triassiche alle alluvioni odierne, passando per le grandi tracce glaciali. Già all’imbocco, ancora in Comune di Aymavilles, dopo una baldanzosa partenza in salita, una ripida discesa della strada regionale lascia alquanto interdetti: è all’ingiù la via pel Gran Paradiso? Gli è che la valle qui si riduce ad una stretta fessura che spacca una massa cristallina prodotta da antichi parossismi magmatici. Gli esperti vi diranno, confidenzialmente e sottovoce, che qui si attraversa un epiplutone permiano a metamorfismo alpino, ma per noi può essere più interessante notare su di una comune carta geografica che la fessura, come tutta la valle di Cogne, è in linea retta con l’alta valle della Dora fino a Courmayeur: un filo rosso congiunge idealmente le due valli legandole ad un comune fascio di faglie di età miocenica (più o meno quando il Monte Bianco ha cominciato la sua ascesa: 20-15 milioni di anni fa). Lungo la strada, in particolare presso Sylvenoire, si può campionare la roccia di questa strettoia, un bel gneiss granodioritico che gode pure di un certo successo commerciale per rivestimenti, mensole, lastre per interni ed esterni sotto il nome di Pietra di Cogne. Un rombante torrente spruzza a volte anche le vetture nella curva subito dopo Vieyes: per forza, esso drena nientemeno che il versante nord della Grivola, invisibile dal basso. Un prossimo itinerario ci condurrà sicuramente da quelle parti. |
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La miniera di LarsinazSenza dilungarci ulteriormente approdiamo a Montroz ed imbocchiamo il sentiero 9a (trascurare a destra il 9) che sale per raggiungere un canale e lo si segue inoltrandosi verso il torrente Grauson, che si supera poi con un ponte in legno. Strada facendo si ammira l’impressionante discarica bianco-azzurrognola sul versante di fronte (sinistro idrografico): ebbene sì, si tratta di una delle nostre mete di oggi, la miniera di Larsinaz. Gli imbocchi alle gallerie al vertice della discarica e i ruderi delle relative installazioni vengono raggiunti a 2000 m di quota dopo una fresca salita (siamo su un versante esposto a nord-ovest) e possono essere sommariamente visitati dall’esterno. Fra il 1850 ed il 1930 la miniera di Larsinaz coltivava alcune lenti di magnetite in margine al grande giacimento di Cogne. Ogni lavoro cessò nel 1948. Nella sua breve storia questa miniera registrò ben due conflitti di grande attualità: prima le proteste per la privatizzazione, essendo stata concessa dallo Stato a privati pur avendo il Comune di Cogne giurisdizione sulle miniere del suo territorio; e poi le proteste contro la globalizzazione, essendo stata in seguito concessa dal Comune ad una multinazionale. Entrambe le proteste ebbero momentaneo successo. Riprendendo la salita, si costeggia una piccola parete la cui roccia è suddivisa in spesse lastre inclinate e parallele. Si tratta della roccia che contribuisce a colorare di bianco le colate sotto le gallerie della miniera. Affiora qui infatti il calcare dolomitico del Fascio di Cogne che forma il letto (il basamento) del giacimento di magnetite di Cogne.
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Panorama verso il Gran ParadisoSui pascoli del Montzalet ci si congiunge col sentiero proveniente da Ecloseur (8d) e si prende la direzione sud (destra). Superato un crestone, si esce dal vallone del Grauson e si inizia un lungo traversone a mezza costa, con qualche possibile brivido nell’attraversamento di alcuni colatoi. La flora registra il brusco cambiamento di substrato presentandoci, fra l’altro, la rara (per la Valle d’Aosta) Campanula alpestris, che cresce solo sul calcare o sulla serpentinite. |
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Il panorama si fa sempre più ampio verso il massiccio cristallino del Gran Paradiso, verso il quale si dirigono i paralleli valloni di Valnontey e della Valeille. Numerosi ghiacciai, anche se non molto estesi, alimentano i loro torrenti. Le forme di erosione glaciale sono qui molto evidenti, con profilo ad U e circhi sospesi. In particolare si noterà che la Valeille forma un angolo retto con la valle principale, qualificandosi così come valle secondaria, ma non vi sono interruzioni né dislivelli fra i due tronconi. Al contrario, per proseguire diritto oltre Lillaz troviamo un notevole scalino sul percorso a monte della confluenza, su cui sono impostate le famose cascate e le palestre di roccia. Infatti l’asse vallivo principale pur essendo più lungo non ha ghiacciai che alimentino il torrente, ed il suo potere erosivo risulta quindi ridotto, tanto che finisce anch’esso per confondersi con un vallone secondario, prendendo il nome di Vallone dell’Urtier. Nell’angolo formato dalla confluenza della Valeille si possono seguire le varie fasi di un dissesto rimobilizzato dall’evento alluvionale dell’ottobre 2000. | |
La miniera di ColonnaStiamo così percorrendo l’affioramento delle bianche rocce calcaree o calcareo-dolomitiche del Fascio di Cogne, unità di margine continentale traslata fra le rocce oceaniche, che immergendosi nel fianco della montagna forma la base del grande giacimento di magnetite. Ed in effetti ben presto riconosciamo gli impianti di Colonna arroccati sul poggio con l’imponente discarica ai loro piedi. |
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Con relativa facilità individuiamo alcuni ciottoli bianchi attraversati da zonature nere, fino a trovare blocchi interamente neri e pesantissimi, con grassi riflessi metallici. Senza stroncarci completamente le residue energie raccattiamo un paio di questi blocchi che ci serviranno più avanti a ricostruire in fac-simile la lente mineralizzata.Risaliti al vertice della discarica, osserviamo gli impianti di Colonna abbandonati nel 1979, con la cappella goticheggiante, tutti costruiti in cemento e squallidamente estranei all’armonioso ambiente d’alta montagna (2400 m). Al loro interno si aprono grandi gallerie già percorse dai vagoncini che raggiungevano il filone, ma ora tutto è chiuso e vietato. | |
Liconi: scienza e archeologia della montagnaMaggiori soddisfazioni si hanno poco sopra Colonna, nella verde conca detta di Liconi. Qui sono rintracciabili le radici storiche della grande avventura metallurgica di Cogne, sotto forma di strutture in pietra a secco occhieggianti qua e là nei pascoli, a volte messe a giorno dalle marmotte scavando le loro tane. Muri, terrapieni, archi, scivoli e trincee risalgono all’inizio del Novecento, ma questo è anche il sito dei primissimi lavori minerari, forse già in epoca romana o preromana, in quanto il filone affiorava in superficie ed era quindi ben identificabile. Senza affaticarsi a raggiungere gli scavi del versante a monte, che non si sa quanto siano stabili, dedichiamoci alla ricostruzione in scala ridotta del giacimento, che si prolunga sotto di noi in direzione est-ovest immergente verso nord. Alla base metteremo i bianchi, ben squadrati blocchi calcarei del Fascio di Cogne che abbiamo raccattato prima di Colonna. Poi i blocchi bianchi rigati di nero, fino a che si trova un blocco tutto nero. Quindi si cerca lì intorno una serie di ciottoli in cui il nero lascia via via posto ad un bel verde dapprima scuro poi brillante: si tratta di serpentinite in cui la componente magnetite è sempre più scarsa e concentrata in bande nere. Infine, sopra la serpentina tutta verde e senza transizione, si pone il calcescisto che forma la maggior parte della montagna sopra di noi ed è abbondante in detrito. Il tutto nella realtà sotterranea misura circa 600 m lungo la dimensione massima. Il Fascio di Cogne ha età triassica (indicativamente 230 milioni di anni) e proviene da un margine continentale; la lente mineralizzata proviene da un mantello litosferico, cioè da sotto una crosta presumibilmente oceanica; il calcescisto proviene dalla superficie di una placca oceanica, e ne rappresenta la copertura sedimentaria di età giurassica (indicativamente 120 milioni di anni fa). Tre elementi di provenienze così disparate non possono che essere stati messi assieme da immense ancorché lentissime forze tettoniche, quelle che in un centinaio di milioni di anni hanno edificato la catena alpina aggregando brandelli di diverse placche litosferiche a diversi livelli strutturali (vedi manualetto). Non è quindi dall’origine che i tre elementi litologici si trovano a contatto, ma il marchingegno geologico che ha determinato la loro contiguità è quello, ancora un po’ misterioso, della formazione delle Alpi. |
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Genesi del giacimentoResta da capire come si forma la magnetite, ossido di ferro fra i più adatti a produrre industrialmente ferro ed acciaio. Sotto la crosta, le placche litosferiche che costituiscono la superficie terrestre sono composte da una roccia più densa: la densità infatti cresce verso il centro della Terra. In parte, la maggiore densità è dovuta alla crescente presenza di ferro, il più pesante fra gli atomi comuni sul nostro pianeta. E infatti il mantello litosferico è un assemblaggio di silicati in cui vi è molto più ferro che nelle rocce della crosta superficiale. In particolare vi è molto diffusa l’olivina, silicato di ferro e/o di magnesio. Sui fondi oceanici il mantello litosferico si trova più o meno direttamente a contatto con l’acqua del mare, soprattutto nelle vicinanze della dorsale oceanica dove la placca è più giovane e calda, e si screpola facendo circolare l’acqua al suo interno. Ebbene, il risultato immancabile di questa interazione è la serpentinite: il silicato di magnesio si arricchisce di una molecola di acqua (si idrata) diventando serpentina, mentre il ferro si svincola dal silicato cristallizzando sotto forma di ossido (magnetite appunto). Normalmente serpentina e magnetite sono mescolati in finissimi cristalli e formano la serpentinite; questo è il caso di una larga fetta di Valle d’Aosta, ad esempio tra Mont Avic e Val d’Ayas, tra Saint Marcel e Valtournenche. Ma nel caso di Cogne, per motivi non ancora ben chiariti, serpentina e magnetite si ritrovano separati, rendendo così più facile ed economico lo sfruttamento del giacimento. Quindi a Cogne non c’è necessariamente maggiore abbondanza di magnetite, ma la magnetite è giudiziosamente separata dal resto della roccia, e concentrata in modo che è possibile coltivarla in miniera. |
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Miniera di Costa del PinoRidiscesi a Colonna, si ripercorre la discarica con molta più consapevolezza di prima riconoscendo nel detrito i vari elementi a letto e a tetto del filone mineralizzato. Poco più in là si devia a sinistra scendendo lungo il sentiero n° 9 che percorre il vasto versante ora selvaggio ma scorticato nei secoli dalle pratiche complementari alla coltivazione mineraria: disboscamento, teleferiche, terrapieni vari. Ormai nel bosco, si giunge infine agli stabilimenti abbandonati di Costa del Pino, i più moderni e leggibili, con teleferiche e piani inclinati ancora virtualmente funzionanti. Una strada sterrata vi giunge da ovest, ma sempre seguendo il segnavia 9 conviene tenersi a monte, per prati e boschetti, verso il torrente Grauson che si attraversa scendendo poi al Montroz. Una visita del locale museo minerario è possibile nel villaggio industriale appena sotto Montroz: le vicende storiche ed il lavoro della miniera vi sono documentati con una certa cura, in attesa di una sistemazione migliore del sito e di tutto il materiale. |
Grazie, un compagno di passeggiate indispensabile!
Passione e competenza non comune fanno apprezzare l’ impegno nell’ illustrare tanti aspetti “poco conosciuti” delle nostre montagne e delle testimonianze del duro lavoro dell’ uomo nei tempi passati.