Archeologia Industriale nelle Alpi valdostane (La Thuile-Arpy)
A La Thuile è stato coltivato il principale giacimento italiano di antracite, quel particolare carbone maturato nei tempi lunghi, con pressioni sufficientemente alte (e cioè a livelli sufficientemente profondi nella crosta terrestre) da “prosciugare” bene il legname originario e ridurne la proporzione di ossigeno. Si ottiene così un combustibile ricco in carbonio che brucia sviluppando molto calore: l’antracite ha circa tre volte il potere calorifico del legno.
Non risulta però che tali eccellenti caratteristiche energetiche siano mai state determinanti nella preistoria né nella storia valdostana prima dello sviluppo industriale. L’antracite è ricordata localmente ove affiora (una stretta fascia lungo l’arco alpino occidentale, da Briançon alla Svizzera) solo per il riscaldamento domestico e l’alimentazione delle fornaci da calce (SGMB, 1992).
Nel corso del XIX secolo alcune parti del giacimento di La Thuile furono coltivate da imprenditori locali. L’ostacolo maggiore ad uno sviluppo industriale della miniera era ed è costituito dalla forte frammentazione del giacimento in lenti e livelli discontinui e dispersi dai movimenti tettonici alpini. Infatti il giacimento ha origine dal deposito, circa 300 milioni di anni fa, di grandi quantità di legname in un bacino lacustre o marino; in seguito, una serie di sprofondamenti ha portato l’intero bacino a deformarsi e sfilacciarsi all’interno della crosta terrestre prima di riemergere, da qualche decina di milioni di anni, con la surrezione della catena alpina. Le tecniche industriali di sfruttamento sono studiate per grandi masse omogenee di minerale, e non prevedono la coltivazione di tante piccole quantità di carbone disperse nella montagna.
La grande svolta avvenne negli anni ’20 del Novecento per motivi politici, quando il regime al potere in Italia decise di realizzare nell’industria estrattiva i suoi principi di autosufficienza utilizzando al massimo le risorse interne. Per la Valle d’Aosta questo si traduceva nello sfruttamento prioritario della magnetite di Cogne, per il cui trattamento siderurgico si disponeva appunto dell’antracite di La Thuile. In realtà questa non fu mai il combustibile esclusivo della fonderia, ma sempre si fece ricorso a prodotti d’importazione. Bisogna anche dire che buona parte del carbone estratto sarebbe poi stata giudicata scadente dalle analisi dell’ultimo dopoguerra, una volta venute meno le motivazioni politiche: troppa polvere silicea (ceneri fino al 50 %), tenori anomali di zolfo, materiale disomogeneo di non facile combustione (Cavinato, 1964; Squarzina, 1960; Castaldo & Stampanoni, 1975).
Il cantiere minerario per l’antracite prese forma e consistenza a partire dal primo dopoguerra sul versante appena a monte di La Thuile, tra le quote 1470 e 1740 m, sopra le frazioni di Villaret, Buic e Thovex e a valle della fortezza settecentesca di Plan Praz. Numerose gallerie vi vennero aperte su diversi livelli, di cui molte in pendenza per seguire il filone all’interno della montagna. L’attrezzatura era quella adatta per coltivare piccole masse discontinue, con forte impiego di manodopera, molta polvere e rilevanti danni all’apparato respiratorio. Il villaggio minerario venne invece costruito ad Arpy, sul versante di Morgex.
Inizialmente il carbone veniva convogliato alla frazione La Balme, a valle del capoluogo, tramite una teleferica, per essere poi caricato su autocarri alla volta degli stabilimenti siderurgici di Aosta.
Nei tre anni fra il 1927 ed il 1929 si costruirono invece contemporaneamente la ferrovia Aosta-Pré-Saint-Didier ed il raccordo minerario La Thuile-Morgex che si innestava sulla nuova ferrovia. Il raccordo minerario consisteva in una ferrovia tra l’interno della miniera e Arpy, seguita da una teleferica tra Arpy ed il fondovalle a Morgex.
Il primo tratto della ferrovia correva in galleria per 2,5 km, al fine di evitare gli inconvenienti della neve e del maltempo, poi in piano all’aperto per 1,8 km. La velocità massima era di 12 km/h.
A Morgex avveniva il trattamento di lavaggio e selezione del minerale prima del trasporto ad Aosta col treno. Grazie allo scartamento ridotto di 60 cm, dal profondo della miniera all’impianto di Morgex si effettuava il solo trasbordo per la teleferica.
Nel secondo dopoguerra, malgrado una iniziale ripresa delle attività, le leggi di mercato ben presto si imposero e gli approvvigionamenti energetici dell’industria siderurgica furono cercati sui mercati mondiali. Negli anni ’60 si procedette alla progressiva dismissione degli impianti di La Thuile e Morgex, che nel 1966 furono chiusi definitivamente. Ora parte degli scavi costituiscono l’impianto di presa e la rete dell’acquedotto comunale.
A quasi sessant’anni dalla disattivazione, che dire di questa esperienza mineraria valdostana? Dal punto di vista economico è stata una follia. Solo un regime autoritario prima, e una contabilità statale “allegra” dopo potevano sostenere i costi di un approvvigionamento non conforme agli standard. Dal punto di vista delle ricadute locali, a parte il rimescolamento demografico, non sembrano esservi conseguenze economiche significative. Dal punto di vista sanitario, la miniera è stata un dramma per molte famiglie colpite dalla silicosi. Sono ferite che stentano ancora a guarire.
Dal punto di vista ambientale, le conseguenze sembrano modeste. Nulla rivela il passato industriale di queste contrade al viandante che percorre la S.R. 39 del Colle San Carlo; si apprezza piuttosto il ripristino a fini turistici del villaggio minerario di Arpy, e il tracciamento di un percorso di visita agli imbocchi di miniera di La Thuile.
In questa prospettiva viene naturale pensare a quale successo potrebbe avere un percorso-avventura sui vagoncini con ingresso in galleria al Villaret (1470 m), salita sul grande argano dentro la montagna, aggancio al trenino, traino con le locomotive-coccodrillo, passaggio sui siti di estrazione e termine corsa al piazzale della teleferica di Arpy (1695 m) con superbo panorama del Monte Bianco. Innumerevoli le possibilità complementari al percorso.
In effetti, se si prescinde dalle sofferenze dei lavoratori, tutto l’impianto originale ha già l’aria di una gigantesca giostra in un parco d’attrazioni. Per rimetterla in funzione, l’unica grossa difficoltà sembra essere la sezione insufficiente della galleria, che andrebbe incrementata. Ma ne varrebbe la pena, per far impallidire Disneyland…
Tanti buchi nascosti dal bosco
Il Comune di La Thuile ha predisposto una serie di numerosi itinerari escursionistici per la visita a quel che resta delle miniere di antracite.
Hanno tutti una lunghezza compatibile con la mezza giornata ed il dislivello, anche volendo includere la piazzaforte seicentesca di Plan Puiz, non supera i 500 metri. Gli itinerari sono contrassegnati da un numero ed un colore, indispensabili nell’intrico dei reperti.
Consigliamo una partenza da Les Granges (1625 m, piccolo parcheggio a lato strada) ed un arrivo al Baraccon (1870 m), tenendo presente che la maggior densità di reperti si concentra agli imbocchi Granier e Col Croce (1740 m). Così facendo si è anche ben guidati dai pannelli esplicativi messi nella sequenza giusta. Per la discesa ci si può concedere qualche variante per osservare meglio le imponenti muraglie a secco di contenimento, i servizi igienici, le spianate delle discariche e altro, aiutati dalla mappa qui pubblicata e reperibile anche in cartaceo all’Ufficio Turismo.
Nel pomeriggio si può pensare ad una rilassante camminata ad anello nella piana di Arpy (parcheggi all’entrata del villaggio, sulla regionale in discesa verso Morgex) per vedere in sequenza il villaggio minerario, l’uscita dalla galleria, il percorso del trenino e la partenza della teleferica per Morgex.
Bibliografia consultata
- S.A.N. Cogne (1933) – Le antraciti di La Thuile. Boll. n. 5, 1-106 (autore presunto Franz Elter).
- Stella A. (1932) – Nuovi studi sui giacimenti di La Thuile. Memorie della Società Geologica Italiana I, 1-8
- Bonetto F., Boschis G. (2015) – La Thuile, paesaggi geologici e storici. Comune di La Thuile.
- Cavinato A. (1964) – Giacimenti minerari. UTET, Torino.
- Squarzina F. (1960) – Notizie sull’industria mineraria del Piemonte. L’Industria Mineraria, 47 p.
- Castaldo G., Stampanoni G. (coord.) – (1975) – Memoria illustrativa della Carta Mineraria d’Italia. Stab. Tip. Ugo Pinto, Roma
- Sibilla P. (2004) – La Thuile in Valle d’Aosta. Leo S. Olschki Editore, Firenze.
- Castiglion C. (1998) – Binari ai piedi del Monte Bianco. Tipografia Valdostana, Aosta.
- S.G.M.B./Lestournelle R. (1992) – Les mines du soleil. S.I.V.U. Patrimoine, Villard-Saint-Pancrace.
Grazie Francesco per le dettagliate descrizioni!!!! Percorso da fare assolutamente!!!
Bel racconto e interessante documentazione.
Bravo Francesco !
Che bella l’idea della riattivazione del trenino con i coccodrilli!
Affascinante