La montagna è piena di oggetti misteriosi. Non dei mostri o degli spiriti selvaggi che popolavano le leggende o le stampe dei viaggiatori romantici del primo ottocento: quelli, poverini, sono sepolti sotto tonnellate di cemento e annientati da chilometri di strade interpoderali. Oggetti misteriosi però resistono in natura, anche di grandi dimensioni. Misteriosi soprattutto perché le teorie via via elaborate per spiegarne la presenza si dimostrano false o incomplete. Vediamo qualche esempio.
I laghi alpini: se prendete una guida o un manuale di geografia dell’inizio del secolo passato, qualsiasi lago alpino era un lago “glaciale”, contenuto, si spiegava, entro cordoni morenici laterali o frontali, oppure dovuto a “sovraescavazione glaciale”. Poi hanno fatto la loro apparizione alcuni laghi “di sbarramento”, dovuti all’accumulo in fondovalle di una massa franata dai versanti. In realtà i laghi “maturi” (a quote non troppo elevate e di dimensioni apprezzabili) contenuti entro strutture puramente glaciali in tutta la Valle d’Aosta si contano forse sulle dita di due mani. I laghi alpini sono divenuti oggetti misteriosi perché la struttura ed il funzionamento delle faglie che li controllano non sono ancora abbastanza studiati, e la circolazione dell’acqua nella rete delle faglie sfugge per ora ad una modellizzazione attendibile. Le faglie, che controllano non solo i laghi ma praticamente tutto il territorio alpino, sono fratture nella massa rocciosa lungo le quali avvengono i (generalmente) lenti movimenti che adattano la superficie terrestre alle trasformazioni che si svolgono all’interno del nostro pianeta.
Come si crea un lago su una faglia?
Le faglie che formano i laghi sono accidenti che distaccano due parti della massa rocciosa, con o senza abbassamento di un settore rispetto all’altro (rigetto), e le allontanano fra loro, sia in direzione parallela alla faglia (faglie trascorrenti), sia in direzione perpendicolare (faglie distensive). In genere entrambe le componenti sono presenti nel movimento della faglia. Già in questo modo si tende a formare un vuoto, soprattutto sul settore eventualmente abbassato, riempibile con l’acqua circolante nella montagna. Ma l’apporto maggiore alla formazione del lago viene dall’indebolimento meccanico della massa rocciosa ai due bordi della faglia: la roccia si sbriciola nel movimento di frizione, viene aiutata a staccarsi dall’azione del gelo, e viene asportata a blocchi o in polvere dagli agenti di trasporto erosivo, sovente rappresentati dall’antico sistema dei ghiacciai quaternari. Gli stessi ghiacciai riempiono il vuoto, salvo venir sostituiti, in periodi interglaciali come quello attuale, dai torrenti o dall’acqua che circola più in profondità nella faglia stessa. In quest’ultimo caso il lago può non avere immissario ed essere alimentato da sorgenti sommerse. A volte non ha neppure emissario: in questo caso il lago è una semplice camera di espansione della rete idrica sotterranea controllata dalle faglie e dai contatti fra rocce a diversa impermeabilità.
In Valle d’Aosta non mancano begli esempi di laghi impostati su faglie, riconoscibili anche da chi non è esperto. Riproduciamo tre foto di laghi ben conosciuti in cui vengono evidenziate le strutture: il Lago della Battaglia a Palasinaz, il Gran Lago del Dragone in Valtournenche e il Lago del Ghiacciaio ai piedi del Ruitor a La Thuile.