Ecco una mini-guida dei muretti tradizionali in pietra a secco che ingentiliscono le nostre montagne rendendole più percorribili e più praticabili alle attività produttive. Con riferimento alla Valle d’Aosta, avviciniamoci con rispetto ad un patrimonio di tecnica, di natura e di civiltà alpina.
Nelle Alpi Occidentali i tradizionali muretti in pietra a secco sono costruiti in primo luogo per il terrazzamento del pendio, attenuando così la pendenza delle superfici coltivate. In questo modo il muretto segue le curve di livello, cioè il suo andamento è orizzontale: camminandoci sopra non si sale né si scende. A seconda se il terrazzamento era fatto per un campo (ora in genere un prato) o per una vigna, la superficie superiore è moderatamente inclinata o francamente orizzontale.
In alternativa i muretti in pietra a secco possono essere edificati per il contenimento del versante (“controripa”), al fine di ricavare ai loro piedi lo spazio per un sentiero, un canale o una qualsiasi superficie utile. In tal caso il muretto ha sovente andamento inclinato, conformemente al sentiero che risale il fianco della montagna.
In entrambe queste fattispecie il muretto presenta alla vista un solo lato (“paramento”), il retro del muretto essendo immerso nel versante.
I muretti di sostegno in pietra a secco hanno ottime capacità di drenaggio e la miglior attitudine a consolidare il pendio, ma la loro durata, estremamente variabile, sovente non va oltre il secolo. Troppo forti sono in genere le spinte dalla montagna che si muove, si imbibisce d’acqua, si trasforma. Cause, modalità ed effetti del degrado dei terrazzamenti costituiscono un fondamentale campo di indagine e di riflessione sul territorio alpino, che qui ovviamente lasceremo da parte.
Ma vi è anche un terzo tipo di muretto a secco, e cioè quello che serve a separare ambiti con funzioni diverse: le colture dalla viabilità rurale, o le varie proprietà, con lo scopo aggiuntivo di sistemare in qualche modo le pietre in eccesso. In questo caso i muretti sono eretti seguendo una qualsiasi direzione su una superficie più o meno inclinata, sono in rilievo e visibili dai due lati. Si dice così che tali muretti sono a doppio paramento, e al loro interno contengono frequentemente materiale da spietramento. Non essendo soggetti ad altre tensioni che il proprio peso, possono durare molto più a lungo dei muretti di sostegno.
Per tutti i tipi di muretto, le tecniche e gli stili di costruzione variano molto, ma si trovano in genere alcune costanti. Innanzitutto la cura nel disporre al meglio le pietre più grandi sui paramenti (la parte esterna visibile del muro), con la dimensione maggiore che s’inserisce verso l’interno. Aldilà del paramento, il drenaggio (o riempimento) è costituito da materiale di spietramento con pezzature inferiori. Altra regola costruttiva è quella di evitare i giunti verticali passanti (vedi foto 4), sfasando la disposizione delle pietre nel muro da uno strato all’altro. Invece certe “regole” che si trovano nei libri sono poco seguite: basamento con lastre a coltello e coronamento superiore con lastre di piatto sono del tutto sporadici nei manufatti tradizionali. In ultima analisi, il risultato tecnico come quello estetico dipendono fortemente dal tipo di materiale lapideo impiegato.
Le pietre dei muretti a secco: ad ogni pietra il suo muretto
I blocchi di pietra impiegati nei muretti a secco possono essere classificati secondo due criteri:
– la natura petrografica della roccia (minerali, scistosità, piani di frattura…)
– l’evoluzione morfologica subita dai blocchi dopo il loro distacco dalla roccia madre (erosione da trasporto).
Passando in rassegna i vari tipi di muretti cercheremo di prendere in considerazione entrambi i criteri.
Praticamente tutti i tipi di roccia affiorante nelle Alpi Occidentali, con più o meno frequenza e successo, sono utilizzati per fare muretti a secco. Gesso e puddinghe mal consolidate sono evitati per la loro deperibilità, ma la loro presenza in natura è molto localizzata e si accompagna sempre ad altri litotipi più adatti. All’opposto, le rocce massicce a struttura orientata su piani paralleli facilitano il lavoro e permettono quindi opere monumentali. È il caso degli gneiss minuti della bassa Valle d’Aosta, dove si è storicamente sviluppato un savoir faire che si è irradiato ben oltre i limiti geologici dell’affioramento. Nelle zone ove sono disponibili più tipi di roccia avviene una selezione verso la più adatta, ma è difficile che le altre vengano escluse del tutto. Lo stretto legame fra muretto e pietra disponibile ci permette dunque di identificare alcuni assemblaggi tipici di rocce nei muretti a secco tradizionali.
Muretto a prevalenza di anfiboliti
Si tratta forse del più tipico muretto valdostano, che compare non solo nelle aree di affioramento delle Pietre verdi, ma anche qua e là in seno alle falde cristalline che contengono grandi inclusi di roccia a derivazione basaltica, come il Sistema del Gran San Bernardo tra Arvier e La Salle.
Le anfiboliti sono rocce ad anfibolo verde o blu con una vasta gamma di minerali accessori. Quelle oceaniche derivano dalle colate di lava sul fondo dell’antico oceano alpino (metabasalti) o da sacche di magma bloccate e cristallizzate ancora sotto il fondale, all’interno della placca oceanica (metagabbri). Sono rocce a volte zonate, ma sempre massicce, da verdine a verde scuro o blu-violaceo, ruvide a minutissimi aghetti, con o senza granuli o lenticelle chiari di minerali accessori.
I muretti ad anfiboliti includono in genere altre rocce oceaniche come serpentiniti e calcescisti, o rocce cristalline come micascisti o gneiss. Ne risulta un muretto policromo, generalmente chiaro, a disegno irregolare e imprevedibile ma ben adatto a promuovere biodiversità nei vegetali e nei numerosi animaletti che in genere accoglie.
Muretti “nobili” di anfiboliti sono quelli composti o arricchiti da blocchi di metagabbro in cui compare ancora l’antica tessitura magmatica della roccia a grossi cristalli opachi verdi, bluastri o neri in una pasta bianca. In almeno un breve muretto in Valle d’Aosta il cristallo verde è molto brillante: si tratta di smaragdite, un prodotto metamorfico di alta pressione derivante dall’originario pirosseno magmatico dei gabbri.
Ogni tanto ci s’imbatte in muretti ad anfiboliti con anfibolo blu, granato e pirosseno verde (giadeite, la giada dell’Oriente). Si tratta di casi molto localizzati in media e bassa Valle. Queste rocce sono i migliori testimoni della storia delle Alpi, perché riescono ancora a trasmetterci i minerali speciali creati nelle fasi più profonde del ciclo geologico alpino.
Non è raro poi imbattersi in muretti, anche di grandi dimensioni, composti solo di anfiboliti. In questi casi si è sicuri di essere in prossimità della roccia fonte della materia prima. Ciò può avvenire sia sul detrito ai piedi di una bancata di anfibolite, sia all’interno di un corpo di frana anche assai vasto. I blocchi presentano spigoli vivi e forme irregolari ma con frequenti superfici piane. Assemblati nel muro, assumono nell’insieme aspetto a mosaico, con tinte generalmente scure, verdastre o violacee.
Muretto misto a serpentinite
Mentre sono conosciute mulattiere lastricate per lunghi tratti solo in serpentinite, non risultano muretti interamente costruiti in serpentinite. In effetti la serpentinite tende a dividersi in blocchi di forme curve ed irregolari, con spigoli acuti, margini fragili e superfici sinuose a scarso attrito, che rendono difficoltoso l’impilamento verticale. La serpentinite, senz’altro frequente nei muretti a secco, vi è dunque sempre associata alle anfiboliti o ad altri litotipi come il granito, tramite i quali avviene un accettabile inserimento nel paramento murario.
Come la maggioranza dei muretti misti, anche quello a serpentiniti sorge ad una certa distanza dalla roccia madre, per cui i conci risultano leggermente arrotondati dal trasporto o almeno smussati negli spigoli. Appare sovente su suoli morenici o comunque su suoli a materiale glaciale. Nel complesso il muretto assume un disegno a celle strette convesse, con dominante cromatica verdina o bluastra ben contrastata.
Muretto a dominante di calcescisti
Come tutte le rocce metamorfiche di origine sedimentaria, i calcescisti oceanici presentano una estrema varietà di composizione e tessitura. La presenza di minerali “piatti” (mica, clorite) fortemente orientati in piani paralleli fa sì che i blocchi possano avere una forma a lastra anche piuttosto regolare. La suddivisione in piani può però accentuarsi ed infittirsi al punto da rendere la roccia un ammasso di scaglie sottili, con le quali costruire un muretto diventa opera da prestigiatore. La presenza di minerali solubili (carbonati) può poi rendere la roccia cavernosa e quindi poco tenace, dando problemi nel muretto. La tipologia standard per il muretto a prevalenza di calcescisti contempla dunque un disegno a fitte linee orizzontali, un colore chiaro e un aspetto un po’ polveroso per la dissoluzione del carbonato e le relative incrostazioni. Tutto sommato, nonostante i grandi affioramenti e le grandi qualità della materia prima, i muretti a calcescisti oceanici non sono poi così diffusi.
La stessa cosa non si può dire per quelle rocce a quarzo, mica e carbonati che affiorano nella parte alta della Valdigne, tra Morgex e Courmayeur. Simili ai calcescisti oceanici, chiari, massicci, si presentano in bei blocchi piuttosto arrotondati anche in vicinanza della roccia madre, e sono ampiamente utilizzati nei terrazzamenti a supporto delle vigne.
Muretto in granito
Il granito è ottima pietra da costruzione, tenace, a spacco regolare. Pochi però sono i muretti costruiti col granito in detrito ai piedi del Monte Bianco, dove questa roccia affiora in modo quasi esclusivo. Viceversa, blocchi da massi erratici di granito, trasportati dall’antico ghiacciaio, sono onnipresenti nei muretti lungo tutto il solco vallivo della Dora Baltea, sovente ben reperibili alla vista per il loro colore chiaro fra le più scure pietre verdi. Il granito è la pietra più ricercata per mitigare i difetti delle serpentiniti in tutti i tipi di edifici tradizionali, dai villaggi ai castelli.
Muretti interamente costruiti in granito si trovano tra la bassa Valdigne e Saint-Pierre, dove sostituiscono a volte delle pietre locali non eccelse come le argilliti carbonifere, mentre altrove la roccia locale sarebbe apparentemente in grado di fungere egregiamente da pietra da muretto. Mistero da chiarire. Il granito forma paramenti a larghe maglie tondeggianti o squadrate, bianchi o leggermente grigi, e il muretto sopporta notevoli altezze.
Muretti della Bassa Valle
Le rocce della bassa Valle d’Aosta, ad est di una linea Pontboset-Arnad-Gressoney Saint Jean, hanno in comune una struttura interna massiccia a piani paralleli, più o meno ben marcati da concentrazioni di mica, e una resistenza che le rende ideali per la costruzione. Queste stesse rocce affiorano in parte del Biellese e del Canavese e si ritrovano nell’Anfiteatro morenico d’Ivrea, per cui le tipologie costruttive sono comuni e diffuse oltre i confini regionali. Si tratta di antiche ed antichissime rocce di placca continentale, sia magmatiche che sedimentarie, sottoposte alle più intense trasformazioni in profondità nel ciclo alpino; ora affiorano come micascisti e gneiss di vario tipo, accompagnate da minori affioramenti di rocce particolari (marmi antichi, marmi a giadeite, eclogiti).
Data la ridotta copertura quaternaria, che lascia diffusamente affiorare la roccia in posto, le pietre di questi muretti non hanno mai fatto molta strada dalla roccia madre, per cui le forme sono fresche e gli spigoli generalmente vivi. Le dimensioni dei blocchi sono a volte colossali, il disegno dei paramenti sempre regolare e squadrato. Il colore varia dal grigio più o meno brillante (gneiss, alcuni micascisti) al nero (alcune rocce di derivazione magmatica) al bruno rugginoso per l’alterazione dei minerali ferrosi. I muretti possono raggiungere grandi altezze, e non è raro che siano coronati da grandi lastre camminabili. Inoltre possono alloggiare i tipici topioun (torrette) pure in pietra a sostegno delle vigne, oppure altre lastre verticali, lavorate per ringhiere o barriere.
Nota conclusiva
I muretti tradizionali costituiscono parte integrante del patrimonio territoriale valdostano e di tutte le Alpi. Grandi sforzi si fanno per mantenere in funzione questo manufatto assai deperibile, ma non sempre (almeno nel recente passato) si è prestata attenzione alla materia prima, la pietra locale. I muretti rifatti con scarti di cava (magari cinese) testimoniano di buona volontà ma, dal punto di vista del valore paesaggistico, non possono considerarsi soddisfacenti. La pietra locale, a costo zero, è senz’altro da preferire anche se rende più laboriosa la costruzione.
Un’altra innovazione sui terrazzamenti è visibile nelle aree di riordino fondiario, sempre più diffuse nella regione. In questi siti il terrazzamento è diradato (vigneti) o eliminato (prati) per facilitare l’azione delle macchine. L’eventuale muretto viene per lo più ricostruito con uso di cemento e con andamento ondivago: tanto varrebbe lasciar perdere e badare solo alle esigenze delle macchine. Piuttosto mi sembrerebbe utile concentrare i riordini fondiari nelle aree compromesse, magari de-cementificando qualcuna delle fertili aree sacrificate a favore di capannoni abbandonati, depositi di roba arrugginita e infrastrutture obsolete di cui pullula il fondovalle e non solo. Altrove, viva l’agricoltura se ha cura del patrimonio territoriale come ha sempre fatto, compresa la preservazione e l’eventuale valorizzazione dei muretti a secco.
Ciao Francesco,
complimenti per il tuo blog e per questa pagina dedicata ai muretti a secco.
Anche questa conoscenza fa parte di quella piu’ ampia relativa alla storia della nostra regione e delle genti che l’hanno abitata prima di noi. Ti prego di farmi sapere le date “precise” delle escursioni previste e indicate nel tuo calendario.
Se riusciro’ a trovare un po’ di tempo libero tra i miei impegni del 2014 (che saranno notevoli), saro’ felice di partecipare a qualcuna di queste.
Amerei tornare a scoprire i granati delle macine e le zone piu’ importanti delle anfiboliti e delle altre rocce del fondo oceanico antico, inglobate e risollevate durante la collisione delle placche.
Questo interesse si aggiunge a quello per gli antichi sentieri, percorsi per secoli da viandanti, pellegrini, mercanti, ecc..
Ancora complimenti per questo lavoro di studio e di conoscenza che offri a tutti noi.
A presto.
Un saluto da Enea Fiorentini
Grazie Enea, l’altro giorno ho riletto il tuo resoconto di aprile sulla Via Francigena col CAI. Penso che alla prima uscita dell’UniTre quest’anno faremo il tratto da Cillian (St-Vincent) a Berriaz (Montjovet) grazie alle tue indicazioni. Torneremo con l’autobus di linea, sarà il 7 maggio. Complimenti a te per il tuo sito e le tue attività. Francesco