Considerando il patrimonio di incisioni rupestri del territorio rurale valdostano, si può fare una prima distinzione fra puri segni per noi privi di significato (essenzialmente coppelle, ma anche croci e altri segni lineari o no), e segni figurativi o correlati a culture più o meno arcaiche, ad eventi storici, a pratiche agrarie o a consuetudini culturali di cui siamo almeno in parte a conoscenza. A questa seconda categoria appartengono i segni alfanumerici ed in particolare le date, le parole, le iniziali e gli acronimi; e inoltre i termini catastali, le mappe, i giochi e i simboli che siamo in grado di riconoscere. Mentre agli oggetti della prima categoria è in genere estremamente difficile attribuire un’età, dei secondi è sovente possibile ipotizzare una cronologia, e noi qui tratteremo delle incisioni degli ultimi tre secoli.
Date su edifici e su altri manufatti
Le date sono diffuse, e sono in genere molto chiare nonostante qualche dubbio e qualche equivoco, provocato da possibili reimpieghi. Personalmente, negli edifici rurali della Valle d’Aosta non ho mai visto incise date anteriori al XVI secolo: improvvisamente dal Cinquecento fioriscono i millesimi sulle case. Tanto il Quattrocento è stato ricco di realizzazioni sia urbane che rurali (si pensi solo alla fitta rete di ru o canali d’irrigazione), altrettanto è povero di date e quindi, si presume, di case rurali ancora in piedi. Ma torniamo ai nostri ultimi tre secoli.
Diciottesimo e diciannovesimo secolo, con le loro grafie caratteristiche, incidono date su quasi ogni tipo di manufatti, in pietra come in legno. Per incidere un millesimo l’incisore cerca un blocco di pietra di considerevoli dimensioni e di bella superficie piana: un architrave (soprattutto secoli XVI-XVII, con iniziali, croci o monogrammi), una pietra angolare, un blocco più grande degli altri nel muretto a secco. Nei muretti a secco non ho mai trovato date anteriori alla metà del Settecento, probabilmente per la precarietà di tali manufatti. Non mancano date su roccia in posto, scalpellata per canali o sentieri, per esempio su un passaggio un po’ esposto. Preziose sono le date sui forni da calce, che ne precisano il tempo di utilizzo (soprattutto secolo XIX).
Le due maggiori cave di pietra ollare della regione (stando alle vestigia attuali) recano date: 1922 quella di Petit Rosier a Champorcher, e numerose date dal XIX secolo quella del Piccolo San Bernardo. Quanto siano indicative tali date resta difficile da stabilire: per esempio, la tradizione attribuisce alla cava di Petit Rosier la pietra per le sculture del Santuario di Machaby che sono datate alla fine del XVII secolo.
Date in pascoli e alpeggi
In ambito pastorale le date attestano verosimilmente l’avvenuta monticazione stagionale, e se ne trovano all’interno degli alpeggi come all’esterno o in mezzo ai pascoli. In questi casi le date sono sovente accompagnate dalle iniziali, o addirittura dai nomi completi dei pastori, a volte in lunghe serie. Le date sono molto più frequenti a partire dalla seconda metà del XVIII secolo. Qualche volta la monticazione è indicata con segni di conteggio a barrette verticali raggruppate; in questi contesti poi troviamo alcune figurazioni di animali domestici (asino, capretta) peraltro in genere assai rare. Il supporto materiale di queste incisioni pastorali è di tre tipi: serpentinite, cloritite, calcare o calcescisto marmoreo; in ogni caso rocce assai tenere. Fra le incisioni più recenti fanno la loro apparizione le scritte in arabo.
Termini catastali
Sono forse i segni più ricercati sul territorio, anche per motivi pratici: infatti hanno ancora attualmente rilevanza nella partizione del territorio. Il tracciamento sul territorio dei confini fra Comuni valdostani ha un protagonista e una data: Vignet des Etoles nel 1785. Fu infatti l’Intendente di Casa Savoia che, fra i numerosi riordini amministrativi e territoriali, si impegnò per una perimetrazione esatta delle superfici comunali, perfezionata poi poco dopo la sua dipartita.
I termini tracciati su roccia in posto, massi in detrito e (raramente) pietre confitte nel terreno presentano una notevole uniformità tipologica: una vigorosa incisione lineare retta, curva o angolare larga fino a due centimetri e profonda fino ad un centimetro, ai lati della quale sono tracciate le iniziali (una o due lettere) del Comune relativo. Invariabilmente presenti sono i “testimoni” dell’atto, ricordati con almeno due piccole coppelle a fianco della linea. I punti di giunzione di tre o quattro Comuni sono illustrati da linee orientate che riproducono la mappa. In diversi casi il termine consiste di una lastra verticale con le iniziali dei Comuni sulle due facce. In certi casi la roccia è segnata P-C che va interpretato probabilmente come confine fra Privato e Comune o Comunitario (Consorteria…).
Piuttosto diffusi sono in Bassa Valle i termini catastali privati, che segnalano confini di proprietà. Risalendo la valle tali segni si fanno man mano più rari, senza mai scomparire del tutto. Il segno di base consiste in una linea, lunga almeno sette-otto centimetri, fiancheggiata dalle due mini-coppelle o testimoni. Ma il segno può arricchirsi fino a diventare una piccola mappa. Sono sempre tracciati su roccia affiorante o su massi in detrito molto ben stabilizzati. Sono l’unica categoria di segni che troviamo su litotipi evitati da altre incisioni come il granito. Molti di questi termini privati risalgono sicuramente alla stessa epoca di quelli “pubblici”, cioè la seconda metà del XVIII secolo; ma non sappiamo quali e quanti altri termini di questo tipo siano stati tracciati in tempi posteriori. Ugualmente non sappiamo (ma qualcuno lo saprà: benvenuto il suo intervento) se l’apposizione del termine sia sempre avvenuta con la garanzia dei testimoni e la procedura cerimoniale.
Giochi, mappe, scritte militari
I giochi (forse rituali?) ricorrenti sulle rocce della Valle d’Aosta sono due, il “filetto” (un quadrato di 9 punti) e la “triple enceinte” (tre quadrati concentrici). Se ne trovano un paio per tipo o poco più. Potrebbero però essere più antichi dei tre secoli che prendiamo qui in esame. Entrambi i giochi consistono nel riuscire a mettere in fila tre delle proprie pedine.
La voce popolare assegna a questa categoria di “giochi” anche la nutrita rappresentanza delle “mappe” rettangolari, longitudinalmente suddivise in tre (o due) rettangoli più stretti, che occhieggiano sui pietroni in Comune di Gaby, entro i villaggi di Niel e Gruba e nei valloni a monte. Si può ipotizzare che i rettangoli rappresentino in mappa la stalla, nella quale andavano distinti gli animali dei diversi proprietari.
Una categoria a parte è rappresentata dalle scritte dei militari di stanza o di passaggio per esercitazioni. Si va dalle guerre napoleoniche alla seconda guerra mondiale. In genere si tratta di scritte grandi e belle, con il nome del militare e/o del corpo di appartenenza e la data. Normalmente si utilizzano rocce tenere che diano il miglior risultato: calcari massivi o marmi o pietra ollare.
Certo, le pietre sono incise anche per motivi materialmente utilitaristici. A parte i segni catastali, si possono citare vaschette e vasconi “per far bere le galline”; incavi simili a profonde coppelle su antiche soglie per farvi girare la porta d’entrata; canalette su massi aggettanti o su pareti umide per convogliare l’acqua; solchi circolari su lastre per far scolare il latticello dai formaggi. Senza contare i manufatti tipicamente in pietra: mortai, macine da mulino, stufe e altri oggetti in pietra ollare, con i loro segni di prelievo dalla roccia. In questi casi la datazione è spesso assai difficile: incisioni ed oggetti possono anche essere più vecchi dei nostri tre secoli.
Tutti questi manufatti si offrono al viandante che percorre i nostri monti, e ci danno la misura di quanto vissuta fosse la montagna. Ancora utili, secondo i casi, ai tradizionali utilizzatori o alla società intera, essi attrezzano il territorio e ne arricchiscono il patrimonio culturale.
ho riletto e rivisto con entusiasmo il tuo studio.
Grazie come sempre per le tue ricerche che palesano il tuo amore per il territotio.
Paola Grun
19 dicembre 2018. Bravissimo Francesco; i tuoi studi permettono a tutti noi una miglior comprensione del nostro territorio e del passato di tutte le popolazioni che l’hanno vissuto con grande intensità ma anche con tanta attenzione e tanto amore.
Pier-Giorgio, curioso di storia.
bello ed interssantissimo.E’ un fortuna che ci siano studiosi
così bravi !
Giancarlo Buzio
vecchio medico di Torino