{"id":371,"date":"2011-01-05T12:52:33","date_gmt":"2011-01-05T11:52:33","guid":{"rendered":"http:\/\/www.edoravea.it\/geoturismo\/"},"modified":"2020-04-14T11:20:25","modified_gmt":"2020-04-14T09:20:25","slug":"manualetto-di-geologia-alpina","status":"publish","type":"page","link":"https:\/\/andarpersassi.it\/manualetto-di-geologia-alpina\/#content","title":{"rendered":"Manualetto di Geologia alpina"},"content":{"rendered":"
\"Il

Il globo terrestre<\/p><\/div>\n

Introduzione<\/h3>\n

La superficie del pianeta Terra \u00e8 fatta di placche<\/strong> rigide e \u201cfredde\u201d galleggianti sopra uno spesso strato di roccia calda, solida ma deformabile sul lungo periodo. Questa roccia profonda \u00e8 agitata da flussi convettivi che portano ciclicamente verso l\u2019alto (verso la superficie, dove si raffreddano) le masse pi\u00f9 calde e verso il basso (verso il centro della Terra, dove si riscaldano) le masse meno calde. Questi movimenti, simili a quelli che si verificano in qualsiasi pentola al fuoco, mettono in moto anche le placche rigide galleggianti in superficie. Il rilievo del nostro territorio, mari e montagne, fiumi e pianure, e anche la sua vita biologica derivano dalle rotazioni, dagli scontri e dagli allontanamenti di queste placche. Tutte queste evoluzioni avvengono sotto i nostri occhi con ritmi estremamente lenti per l\u2019uomo, che non se ne \u00e8 mai accorto fino a pochi decenni or sono. D\u2019altronde l\u2019uomo ha assistito solo ad una parte minima di questa evoluzione, perch\u00e9 vive sulla Terra solo da pochi milioni di anni. Invece la maggior parte dei fenomeni geologici che vediamo in atto sulle Alpi continua da molte decine di milioni di anni. La scoperta di un tempo geologico di decine di milioni di anni, lungo il quale avvengono cose importanti per l\u2019umanit\u00e0, \u00e8 un avvenimento culturale e filosofico di grande portata ma non ancora ben assimilato nella nostra civilt\u00e0. Infatti la nostra societ\u00e0 si concentra sempre pi\u00f9 sul breve termine, e si mostra incapace di un ragionamento che vada oltre le prossime elezioni. Proporre una visione diversa del mondo, serenamente distesa nel tempo e non basata sull\u2019urgenza imprevidente, \u00e8 uno dei compiti culturali della nostra scienza.<\/p>\n

Due o tre idee generali che bisogna sapere<\/h3>\n

Le placche rigide della superficie terrestre sono dette nel loro insieme litosfera<\/strong> (quindi placche litosferiche) e comprendono una parte superiore detta crosta<\/strong> ed una parte inferiore detta mantello litosferico<\/strong>. Esse galleggiano sopra il mantello astenosferico<\/strong> che invece \u00e8 semifuso e duttile sui tempi lunghi.
\nLe placche sono di due tipi: oceaniche<\/strong> e continentali<\/strong><\/p>\n

\"Relazioni

Relazioni fra le varie placche e l\u2019astenosfera sottostante<\/p><\/div>\n

Quelle oceaniche<\/strong>, pi\u00f9 sottili, si possono considerare come \u201cmantello nudo\u201d: il mantello litosferico affiora quasi in superficie sotto l\u2019acqua dell\u2019oceano, solo coperto da colate magmatiche dovute alla liquefazione dei componenti pi\u00f9 fusibili del mantello stesso, e da sedimenti di mare aperto. La composizione mineralogica della placca oceanica \u00e8 largamente determinata dal mantello e dai suoi derivati: silicati ad alto contenuto di ferro e magnesio (fino al 40%) e basso contenuto in silice (generalmente sotto il 55%). Si tratta per lo pi\u00f9 di rocce scure e pesanti.<\/p>\n

Quelle continentali<\/strong> invece sopra al mantello litosferico portano qualche decina di km di roccia varia, con diffusa prevalenza di minerali ad alto contenuto in silice (circa 70%). Si tratta in genere di rocce chiare e relativamente leggere.<\/p>\n

Come conseguenza di questa loro composizione, le placche oceaniche sono pi\u00f9 dense di quelle continentali.<\/p>\n

Spinte dalle correnti convettive, le placche si muovono l\u2019una rispetto all\u2019altra.<\/p>\n

Se si allontanano, fra loro si interpone nuova litosfera oceanica lungo la linea di divergenza, chiamata dorsale<\/strong> oceanica.<\/p>\n

Se si avvicinano, la litosfera oceanica interposta s\u2019inabissa e viene assorbita nel mantello astenosferico. In questo modo la superficie complessiva delle placche (la superficie terrestre) non varia mai. Se convergono due placche continentali, generalmente avviene presto una sutura e le due placche divengono solidali.<\/p>\n

Vademecum per il curioso delle Alpi<\/h3>\n

Come tutte le catene di montagne, le Alpi sono il prodotto della convergenza e quindi della\u00a0sovrapposizione, in varie fasi, di due placche litosferiche; il rilievo \u00e8 appunto dato dall\u2019ispessimento crostale che ne deriva. Infatti, se la litosfera \u201cgalleggia\u201d sul restante mantello astenosferico pi\u00f9 duttile, ad un maggiore \u201cpescaggio\u201d in profondit\u00e0 corrisponde una maggiore elevazione in superficie. La sovrapposizione di due placche \u00e8 il modo normale in cui si rigenera la litosfera terrestre, che nasce continuamente in mezzo agli oceani lungo le dorsali<\/em> vulcaniche (dove si apre e si divarica una placca oceanica), e muore appunto in subduzione<\/em> sotto un\u2019altra placca litosferica pi\u00f9 leggera, immergendosi nel mantello. L\u2019arco della catena alpina \u00e8 la manifestazione superficiale della subduzione, su un fronte di migliaia di chilometri, della placca europea sotto la placca africana o le sue adiacenze. Le vicende e le modalit\u00e0 di questa orogenesi sono registrate sulle rocce affioranti nella catena, nei suoi dintorni e, per quanto riusciamo ad indagarle, sulle rocce sepolte in profondit\u00e0. Per \u201cleggere\u201d queste registrazioni sulle rocce, si analizza la loro composizione chimica e mineralogica, la loro struttura (scistosit\u00e0, pieghe, faglie…) alle varie scale di grandezza, vi si misurano alcuni parametri fisico-chimici (ad esempio la velocit\u00e0 di propagazione delle onde sismiche, o i rapporti isotopici di alcuni elementi per le datazioni radiometriche) e si osserva l\u2019eventuale presenza di tracce fossili. Tuttavia si fa anche proficuamente ricorso a ricerche multidisciplinari in cui rientrano ad esempio climatologia, glaciologia, geodesia, cartografia 3D, come \u00e8 naturale per ogni studio territoriale.<\/p>\n

Gli studi condotti finora sulle Alpi hanno portato a stabilire un quadro d\u2019insieme abbastanza preciso, ancorch\u00e9 non definitivo quanto all\u2019interpretazione globale dei dati. Vi si sono distinti per natura e ruolo diversi oggetti geologici, che nelle loro relazioni reciproche suggeriscono uno o pi\u00f9 scenari atti a descrivere l\u2019evoluzione passata, presente e, in parte, futura delle Alpi.<\/p>\n

\"Foto

Foto satellitare dell\u2019arco alpino con lineamenti<\/p><\/div>\n

    \n
  1. Ai due lati della catena si stendono vari bacini sedimentari che accolgono una piccola parte del materiale eroso dai rilievi. Per vari motivi, quasi solo il periodo pi\u00f9 recente (Pliocene) dell\u2019erosione vi \u00e8 conservato.<\/li>\n
  2. Sul bordo interno (est e sud) dell\u2019arco alpino affiora, leggermente o moderatamente deformato dalla convergenza, l\u2019antico margine della placca adriatica (\u201cafricana\u201d). In una regione limitata, la Zona Ivrea-Verbano, tale margine \u00e8 rovesciato fino ad esporre in superficie la crosta profonda e scaglie del mantello litosferico.<\/li>\n
  3. Una linea strutturale, talora ben visibile nella morfologia del rilievo (un tratto della Valsesia, Valtellina, val Pusteria…), separa questa unit\u00e0 dal resto della catena: si tratta del Lineamento Periadriatico.<\/li>\n
  4. La fascia assiale che occupa longitudinalmente il centro della catena ospita varie falde di basamento prive di radici, le cui rocce sono tutte metamorfiche, cio\u00e8 riequilibrate nei loro minerali alle condizioni di alta pressione \/ bassa temperatura tipiche della subduzione litosferica. Nel settore nord-occidentale incontriamo in successione da SE a NW e, strutturalmente, dall\u2019alto al basso:\n
      \n
    • una falda continentale (antico basamento con metagabbri e metagraniti, antiche coperture sedimentarie con micascisti e marmi) a metamorfismo di massima profondit\u00e0 crostale (micascisti eclogitici<\/em> e gneiss minuti<\/em>); lembi e falde di tale natura sono disseminati anche pi\u00f9 all\u2019esterno della catena in posizione strutturalmente elevata; vi trovano posto anche lembi privi di metamorfismo alpino, identici alla Zona Ivrea-Verbano (punto 2);<\/li>\n
    • una falda oceanica comprendente: a) un\u2019enorme scaglia di mantello litosferico serpentinizzato con limitati livelli crostali a metamorfismo eclogitico (massima profondit\u00e0) le cui rocce sono poi in parte retrocesse a condizioni di crosta \u201cnormale\u201d (Zermatt-Saas<\/em>); b) una zona non eclogitica a prevalenti metasedimenti (Combin<\/em>);<\/li>\n
    • varie falde di basamento continentale a metamorfismo eclogitico relitto, con una parte delle loro coperture originarie pi\u00f9 o meno scollate;<\/li>\n
    • una serie detritica (flysch<\/em>) con elementi delle serie precedenti.<\/li>\n<\/ul>\n<\/li>\n
    • Una linea strutturale, anch\u2019essa morfologicamente riconoscibile nel paesaggio, segna il sovrascorrimento di queste unit\u00e0 metamorfiche sulle formazioni esterne: il Fronte Pennidico.<\/li>\n
    • L\u2019esterno dell\u2019arco alpino (nord e ovest) comprende falde sia di basamento (Monte Bianco, Aiguilles Rouges…) che di copertura, molto deformate e sollevate ma non metamorfiche; la deformazione \u00e8 via via pi\u00f9 recente, fino al rilievo del Giura, innalzatosi non pi\u00f9 di 5 milioni di anni fa.<\/li>\n<\/ol>\n

      L\u2019insieme di questi dati \u00e8 illustrato nell’immagine delle Alpi da satellite e nello schema strutturale dell\u2019arco alpino.<\/p>\n\n\n\n
      \n
      \"Carta

      Carta geologico-strutturale dell\u2019arco alpino occidentale.Tratto da<\/em>: Dal Piaz G.V., Bistacchi A., Massironi M. (2003) \u2013 Geological outline of the Alps.\u00a0 Episodes<\/em>, 26<\/strong>\/3, 175-180 <\/p>\n

      <\/p><\/div>\n

      Legenda.<\/strong><\/em>
      \nM<\/strong> (Molasse): bacino sedimentario esterno. J,D,H<\/strong> (Giura, Delfinale, Elvetico): zone superficiali deformate ma ancora stabili sulla placca europea. pf<\/strong>: Fronte Pennidico che separa le falde rimaste in superficie da quelle subdotte. P<\/strong> (Pennidi, azzurro): falde continentali subdotte ed esumate. O<\/strong> (Ofioliti, blu scuro): falda oceanica subdotta ed esumata. In marrone<\/strong>: falda adriatica subdotta. EA<\/strong> (Austroalpino): falde continentali adriatiche (\u201cafricane\u201d). pl<\/strong>: linea periadriatica che separa le falde subdotte dalle terre adriatiche fisse. SA, DI<\/strong> (Sudalpino, Dinaridi): placca adriatica deformata. PA<\/strong>: placca adriatica \u201cindeformata\u201d, bacino sedimentario interno. AP<\/strong>: Appennini.<\/td>\n<\/tr>\n<\/tbody>\n<\/table>\n\n\n\n
      \n<\/td>\n<\/tr>\n<\/tbody>\n<\/table>\n

      Dati questi elementi, e dalle datazioni connesse, la ricerca attuale ricostruisce, da NW a SE, una possibile sezione interpretativa dell\u2019arco alpino nord-occidentale. Vi sono illustrati:<\/p>\n