{"id":1537,"date":"2013-10-07T18:19:41","date_gmt":"2013-10-07T17:19:41","guid":{"rendered":"https:\/\/www.andarpersassi.it\/?p=1537"},"modified":"2020-04-13T16:47:02","modified_gmt":"2020-04-13T14:47:02","slug":"san-grato-issime","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/andarpersassi.it\/san-grato-issime\/#content","title":{"rendered":"Il vallone di San Grato (Issime): un territorio svelato"},"content":{"rendered":"
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0. Modello del vallone mediante immagine da satellite.<\/p><\/div>\n

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Il vallone, con andamento est-ovest, si apre sulla destra idrografica del torrente Lys all\u2019altezza del capoluogo di Issime (circa 1000 m s.l.m.). Consta di un largo gradino di confluenza con dislivello di circa 700 metri fino alla cappella di San Grato, e di un articolato tronco vallivo retrostante con apice al Col de Dondeuil (2342 m).
\nA sud, la cresta spartiacque verso il Vallon de Nantay (Perloz) ed il vallone di Echallognes-Possine (Arnad) culmina al Mont Crabun 2711 m, mentre ad ovest quella verso il Vallon de Dondeuil (Challand St-Victor) culmina al Corno del Lago 2746 m. A nord, la cresta verso il vallone di Chasten (Challand St-Anselme), detta delle Dame di Challant, si eleva ai 3015 m della Becca Torch\u00e9 ed ai 3032 m della Becca di Vlu, per scendere ai 2925 m del Monte Voghel che si affaccia anche sul vallone di Stolen (Issime).
\nA nord del tronco vallivo superiore, la barriera relativamente compatta delle Dame di Challant produce solo valloncelli trasversali ripidi e ingombri di accumuli detritici. A sud invece, ai piedi di una pi\u00f9 modesta barriera rocciosa, il vallone si articola in ripiani e conche con una idrografia in parte autonoma che evolve, secondo la quota decrescente, dai laghi alle torbiere. Il nome della conca superiore, i Piccoli Laghi, curiosamente si riferisce ad una spianata laterale disseminata di innumerevoli minuscoli specchi d\u2019acqua, mentre quella principale \u00e8 occupata da un lago a due corpi diseguali, complessivamente piuttosto esteso.<\/p>\n

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1. Santa Margherita, un\u2019oasi prativa sul gradino glaciale di raccordo.<\/p><\/div>\n

In effetti poi la rete idrografica del vallone viene per larghi tratti unificata dal torrente Walkhunbach, che alla testata drena i valloncelli a nord, poi riceve le acque dei laghi con una forra impressionante presso Reich. Da qui s\u2019infossa a sud per gran parte del percorso,\u00a0ma appena prima dello sbocco nel Lys riceve le acque dei restanti valloncelli a nord, drenati a parte dal torrente Grundjischbach.
\nDal punto di vista degli utilizzi antropici tradizionali, il vallone offre, in ordine decrescente di superficie, pascoli, boschi e prati sovente irrigui. Pi\u00f9 in dettaglio possiamo suddividere il territorio del vallone in quattro parti. Una parte \u00e8 costituita dal gradino di confluenza, al di sotto dei 1700 m di quota: un territorio globalmente ripido e roccioso, sconvolto da almeno due vasti episodi franosi antichi, con brevi rotture di pendenza sistematicamente sfruttate da terrazzamenti e villaggi. Una seconda parte si stende, alla testata nella fascia sud, sulla gran conca dei Laghi con torbiere e alpeggi, per stringersi poi ad est e ridursi a qualche piccola spianata umida lungo la forra del gradino di confluenza. La terza parte \u00e8 costituita dalle alte pendici sassose della catena a nord, con magri pascoli che si integrano poi ad est con quelli del contiguo vallone di Stolen. La quarta parte comprende la fascia assiale del vallone superiore con le migliori superfici gi\u00e0 ai piedi del colle, e poi gi\u00f9 fino al bordo del gradino di confluenza, disseminate di alpeggi complessi dalle raffinate linee architettoniche.<\/p>\n

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2. Il villaggio di Walkhu incassato sul torrente cui d\u00e0 il nome. Qui il gradino \u00e8 deformato da un accumulo di frana tagliato dal torrente.<\/p><\/div>\n

L\u2019insieme di questi elementi rilevati nell\u2019osservazione geografica trova riscontro qui di seguito nell\u2019analisi geologica degli agenti erosivi, delle strutture e dei corpi rocciosi.<\/p>\n

Glacialismo<\/h3>\n

Un gradino di confluenza pi\u00f9 ripido e meno inciso rispetto ad un tronco vallivo superiore pi\u00f9 sviluppato e meno acclive: il vallone di San Grato mostra qui una tipica morfologia glaciale, dovuta al maggiore approfondimento della valle principale ad opera del pi\u00f9 possente ghiacciaio pleistocenico del Lys rispetto alla lingua secondaria del nostro vallone. La soglia glaciale fra gradino (scavato dal Lys) e tronco vallivo superiore (modellato dal ghiacciaio locale) \u00e8 per\u00f2 stata sconvolta e quasi totalmente asportata da almeno due episodi franosi antichi di cui si dir\u00e0 pi\u00f9 sotto. L\u2019antica lingua glaciale locale ha comunque impresso molteplici caratteri al paesaggio del vallone, soprattutto alla sua testata con un complesso circo glaciale a due apici, l\u2019una tra il colle e le Dame di Challant, e l\u2019altra nella conca dei Piccoli Laghi.<\/p>\n

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3. La testata del vallone dal Mont Crabun, con le tre Dame di Challant. In primo piano i Piccoli Laghi.<\/p><\/div>\n

Il versante sinistro, quello dominato dalle Dame di Challant, conserva alcune interessanti forme di deposito glaciale, in particolare numerosi cordoni morenici laterali e frontali di due antiche lingue che scendevano quasi congiungendosi fino alla quota di 2300 m fra Obru Vlu e Undru Vlu. Un ghiacciaio roccioso (rock glacier)<\/i> \u00e8 poi impostato nel valloncello di Valfreidu, dove \u201cscorre\u201d appena ad est dei ruderi. Quasi tutti i principali insediamenti del tronco mediano, da Chreuz a Ronh, da Mattu a Kekeratsch, insistono su terreni glaciali di fondovalle, mentre sul versante destro resistono terrazze glaciali solo intorno a Buadma. Altrove, come \u00e8 normale in montagna, i terreni modellati dal ghiacciaio sono stati poi rimossi da frane, da erosione torrentizia e da ruscellamenti vari, oppure sono stati ricoperti da frane, da detrito di versante, da materiale alluvionale oltre che da laghi e torbiere.<\/p>\n

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4. La testata del vallone dalla Becca Torch\u00e9. In fondo la pianura canavesana.<\/p><\/div>\n

Numerosi rilievi rocciosi lungo tutto il vallone recano traccia dell\u2019abrasione glaciale pleistocenica. In particolare l\u2019erosione glaciale ha operato con successo nel modellare i solchi del settore sud, lasciando costoloni levigati a delimitare l\u2019alveo, sovradimensionato, in cui scorre il torrente nel suo tratto mediano. In effetti pi\u00f9 che di un alveo si tratta di un solco efficacemente e selettivamente approfondito dall\u2019ablazione glaciale, con probabili sovraescavazioni nei tratti di roccia meno coerente, e conseguente formazione di torbiere.<\/p>\n

Neotettonica e geomorfologia<\/h3>\n

La struttura su cui si imposta l\u2019intero vallone \u00e8 una antica spaccatura che interessa la montagna tra Lys ed Evan\u00e7on all\u2019altezza del Col Dondeuil. La frattura vari milioni di anni fa ha spostato e maciullato la roccia lungo una linea orientata est-ovest su cui ha subito iniziato ad agire l\u2019erosione. Questo tipo di accidente, chiamato faglia, accade con frequenza, ancorch\u00e9 con discrezione e lentamente, nelle zone geologicamente attive come le catene di montagne, e vi costituisce il principale artefice del paesaggio fisico. In effetti \u00e8 l\u2019osservazione del paesaggio (anche tramite satellite e foto aerea) che ci fa postulare una faglia sul fondo del vallone di San Grato, in quanto prove dirette della sua esistenza non sono rilevabili sulle rocce: la faglia presumibilmente non \u00e8 pi\u00f9 attiva da tempo e le sue tracce sulle rocce dei bordi sono state cancellate dalle successive glaciazioni.<\/p>\n

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5. Dal Col Dondeuil una visione assiale del vallone, col tracciato delle faglie A, principale, sulla destra, utilizzata dal torrente, e B, secondaria, sulla sinistra.<\/p><\/div>\n

La nostra faglia scorre in modo rettilineo e senza interruzioni dal Col Dondeuil (e da prima, in territorio di Challand) fin nei pressi di Janserp, dove un vasto crollo dal versante destro la seppellisce, deformando in pari tempo anche questa parte del gradino di confluenza. Il torrente principale del vallone si tiene costantemente all\u2019interno della faglia, e con il contributo del ghiacciaio pleistocenico vi ha creato un vero fosso tettonico. Il fosso \u00e8 delimitato a tratti da lunghi costoloni di roccia a frattura verticale verso l\u2019interno, levigati dall\u2019abrasione glaciale.
\nLa faglia principale \u00e8 duplicata poco a nord da una faglietta secondaria, quasi parallela, che scorre dai pressi del colle fino a Chreuz sul bordo del gradino di confluenza, dove anch\u2019essa scompare nel crollo sottostante. \u00c8 contrassegnata da torbiere, da vallette in contropendenza e da attenuazioni di acclivit\u00e0 nel pendio esposto a sud. \u00c8 dunque ancora ben distinguibile ma assai pi\u00f9 disturbata da eventi erosivi e, soprattutto, da accumuli gravitativi. Varie frane di crollo sono individuabili sul versante, che in cartografia risulta in dissesto profondo. In effetti la maggior produzione di detrito dalla soprastante cresta nord del vallone ha senz\u2019altro contribuito a limitare il ruolo morfologico di questa seconda faglia, che \u00e8 priva di un proprio reticolo idrografico superficiale. Ci\u00f2 non toglie ch\u2019essa regali comunque al vallone una fascia supplementare di terreno fertile ampliando il fondovalle con superfici pianeggianti a bassa quota, come ben si osserva dalla densit\u00e0 degli insediamenti e dalla viabilit\u00e0 tradizionale. L\u2019azione combinata delle due faglie ha consentito altres\u00ec ai fattori erosivi di incidere maggiormente il vallone facendone arretrare la testata, a scapito della Val d\u2019Ayas, rispetto al contiguo vallone di Stolen.<\/p>\n

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6. Lungo la faglia B si impostano conche in contropendenza, e a volte veri laghetti.<\/p><\/div>\n

\u00c8 poi da notare che il dissesto profondo del versante ad est di\u00a0Valfreidu trae origine da una lunga serie di trincee beanti e sdoppiamenti di cresta che affliggono il crinale tra le quote 2340 e 2500 m, fenomeni poi duplicati a mezza costa a quota 2250 m, da Galm verso l\u2019interno del vallone (ovest). Questa serie di disturbi sfociano poi nella dislocazione della cresta spartiacque all\u2019apice del valloncello di Valfreidu: la dorsale in questa zona perde continuit\u00e0 tracciando un insellamento di direzione grosso modo NE-SW, direzione frequente nel sistema regionale degli sforzi tettonici.<\/p>\n

Un altro importante elemento geomorfologico \u00e8 dato dalla spianata all\u2019angolo SW del vallone, la gi\u00e0 citata conca dei Piccoli Laghi, che costituisce una sua testata secondaria, ai piedi del Mont Crabun e del Corno del Lago. Si tratta in realt\u00e0 di una successione di terrazze strutturali, cio\u00e8 riconducibili\u00a0a superfici di discontinuit\u00e0 della roccia. Tali terrazze sono variamente inclinate, scaglionate fra 2400 e 1900 m, e le pi\u00f9 vaste ospitano numerosi laghi e laghetti. Tutto il versante a basamento dei laghi nella cartografia geologica regionale \u00e8 indicato in dissesto, e al suo piede si apre la torbiera di Reich con la forra di confluenza dell\u2019acqua dei Piccoli Laghi.
\nUna spiegazione per l\u2019insieme di tali forme depresse \u00e8 forse da ricercarsi nella natura di alcune rocce di questo versante destro, calcaree e poco coerenti (\u201close bianche\u201d), soggette quindi a dissoluzione anche in profondit\u00e0, dove possono aver creato progressivamente una serie di vuoti poi colmati con crolli e sprofondamenti.<\/p>\n

Natura e assetto delle rocce<\/h3>\n
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7. L\u2019alpeggio di Muni ai piedi del Col Dondeuil e, in secondo piano, le due faglie.<\/p><\/div>\n

Il vallone di San Grato rientra completamente nella grande falda di rocce prevalentemente felsiche (cio\u00e8 ricche in elementi leggeri ed in particolare di silice, caratteristica questa delle croste continentali) che troviamo sul bordo interno dell\u2019arco alpino occidentale verso la pianura padana. Caratteristica principale di queste rocce continentali alpine \u00e8 la mineralogia assolutamente insolita a livello mondiale, che riflette equilibri anomali fra pressione e temperatura. Le associazioni di cristalli presenti nella roccia, infatti, coesistono solo ad alta pressione, corrispondente ad una profondit\u00e0 nella crosta terrestre di almeno 60 km, ma ad una temperatura ancora assai bassa (non pi\u00f9 di 550-600 \u00b0C, mentre la media sul pianeta a tale profondit\u00e0 darebbe una temperatura circa doppia).<\/p>\n

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8. Ai piedi del colle, un concentrato di ambienti d\u2019alta quota: pietraie, pascoli, boschi e torbiere.<\/p><\/div>\n

Condizioni simili di pressione e temperatura si verificano solo nel caso della subduzione litosferica, cio\u00e8 quando due placche (due \u201cfette\u201d di superficie terrestre) si accavallano l\u2019una sull\u2019altra. In questo caso lo spessore crostale raddoppia, aumentando la pressione, ma le rocce verso la base della pila sono ancora \u201cfredde\u201d al riparo dal calore che viene dal centro della Terra. Ci\u00f2 si verifica in tutte le catene di montagne della Terra, producendo le rocce dette eclogitiche. Ma l\u2019originalit\u00e0 di questa falda \u00e8 duplice: primo, la roccia \u00e8 risalita in fretta lasciando in vaste zone inalterata la mineralogia eclogitica acquisita in profondit\u00e0 (mentre altrove nel mondo nel corso della risalita verso la superficie i cristalli si ritrasformano); secondo, la materia prima \u00e8 una roccia continentale, mentre di solito ad inabissarsi sono i fondali oceanici. Tutto ci\u00f2 produce una roccia ricca di minerali relativamente rari e a volte utili, come il granato, la giadeite, il quarzo, l\u2019epidoto, il rutilo, il marmo. La roccia che li contiene, a seconda del materiale di partenza, pu\u00f2 essere un metagranito o una metaquarzodiorite (da originarie rocce magmatiche di tipo granitico), un micascisto granatifero (da sedimenti vari), un marmo, un marmo dolomitico o un calcefiro (da sedimenti calcarei). Nella risalita le associazioni minerali eclogitiche si vengono a trovare fuori del loro campo di stabilit\u00e0 e quindi, se le condizioni lo consentono, \u201csi disfano\u201d a favore di altre pi\u00f9 banali, in genere con formazione di plagioclasi, mica e clorite. Tutto ci\u00f2 nella roccia consente di leggere le varie fasi attraversate e quindi gli spostamenti nel corso della subduzione e poi della esumazione. Si \u00e8 cos\u00ec cercato di ricostruire la storia di questa falda rocciosa, facendola derivare da una originaria placca di pertinenza africana coinvolta oltre 100 milioni di anni fa nelle prime fasi della convergenza litosferica, quindi sepolta nel corso della subduzione. Da oltre 60 chilometri di profondit\u00e0, verso 70 milioni di anni fa iniziava una relativamente rapida risalita verso gli attuali livelli superficiali, raggiunti intorno a 40 milioni di anni fa. Nelle loro classificazioni, i geologi hanno annoverato questa falda nel Sistema Austroalpino con il nome di Zona Sesia.<\/p>\n

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9. Panorama da monte del tronco vallivo mediano, con i mayen sgranati lungo la faglia B.<\/p><\/div>\n

Nel suo insieme, la geologia del vallone di San Grato si gioca fra due tipologie di materiali continentali sottoposti a subduzione, e cio\u00e8 da un lato le rocce eclogitiche di antica origine sedimentaria, con i classici micascisti eclogitici, e d\u2019altro lato quelle di origine magmatica, con metagraniti e metaquarzodioriti. I micascisti eclogitici si compongono per lo pi\u00f9 di mica bianca ferrifera di alta pressione (fengite auct.), quarzo, carbonati e quantit\u00e0 variabili di glaucofane e rutilo, pi\u00f9 o meno alterati e retrocessi. Metagraniti e metaquarzodioriti conservano qua e l\u00e0 traccia di pirosseno sodico e granato (minerali eclogitici) in una associazione gneissica (quarzo, albite, feldspato alcalino) ricca di clorite e\/o anfibolo.<\/p>\n

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10. Il pi\u00f9 grande dei Piccoli Laghi, inserito nella sua conca ricca in geodiversit\u00e0.<\/p><\/div>\n

Pi\u00f9 in dettaglio, sotto la Becca di Vlu (parete est) ed il Monte Voghel affiorano alcune lenti di metabasiti (antico materiale magmatico ricco in ferro e magnesio) a mineralizzazione eclogitica ben preservata. In effetti queste metabasiti sono preziose in quanto registrano con la maggiore precisione possibile, nei loro minerali, la sequenza degli eventi geodinamici (temperatura, pressione, presenza di fluidi) a cui sono state via via sottoposte. Inoltre, una di esse \u00e8 tagliata da un dicco lamprofirico, una specie di condotto vulcanico fossile riempito di lava solidificata. Questi fenomeni \u201cquasi vulcanici\u201d costituiscono l\u2019ultimo \u201cevento caldo\u201d sulle Alpi, perch\u00e9 sono tuttora intatti e indeformati (sono fra le poche rocce valdostane non metamorfiche), e risalgono a circa 30 milioni di anni fa. Se ne trovano degli affioramenti assai pi\u00f9 accessibili sul sentiero del vallone di Stolen tra i Piani e Balme Lunge.<\/p>\n

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11. Un blocco di roccia a granato ed anfibolo blu, minerali formatisi a grande profondit\u00e0 durante la subduzione di un margine continentale.<\/p><\/div>\n

La conca dei Piccoli Laghi \u00e8 un luogo privilegiato, oltre che per il panorama, anche per la geodiversit\u00e0. Sul lato est del lago grande, verso l\u2019emissario, passa il contatto, per la verit\u00e0 piuttosto sfumato ed incerto, fra le due unit\u00e0 dei Micascisti eclogitici e degli Gneiss minuti, unit\u00e0 affini che si differenziano solo per la pi\u00f9 forte retrocessione dei secondi nel grado metamorfico (i minerali eclogitici sono pi\u00f9 intensamente ritrasformati). Dal gran lago in su troviamo dunque sempre rocce continentali subdotte, ma con equilibri metamorfici meno profondi: micascisti a clorite con patina rugginosa e gneiss ad albite, quarzo e clorite. Sulla cresta tra il Crabun e la Cima di Prial spunta una lente di rocce molto chiare (\u201close bianche\u201d), piuttosto spettacolare nel paesaggio. Si potr\u00e0 notare che i suoi affioramenti sono attorniati da tipica vegetazione basofila, con astri e stelle alpine. Si tratta di marmi e dolomie localmente ricchi di mica ed altri silicati (calcefiri); blocchi di tali rocce si trovano fin gi\u00f9 in riva al lago.<\/p>\n

Conclusione<\/h3>\n

Ogni unit\u00e0 territoriale delle Alpi, e in particolare della Valle d\u2019Aosta, per quanto piccola ha sempre una sua personalit\u00e0 geografica, geologica, biologica che la rende unica, preziosa, importante. Gli uomini, le comunit\u00e0 che si sono succedute sul territorio hanno quasi sempre saputo interagire in modo simbiotico con questi dati fisici per produrre civilt\u00e0 alpina. Nel vallone di San Grato l\u2019ecosistema fondato sul pascolo alpino ha trovato elementi fisici favorevoli nella presenza delle due faglie parallele, che sdoppiano il fondovalle svincolandolo sia dallo schema del solco incassato (es. vallone della Forka) che da quello del versante poco inciso (vallone di Stolen). Tutto il corridoio fra le due faglie \u00e8 disseminato di capolavori di civilt\u00e0: gli edifici innanzitutto, ormai conosciuti ed apprezzati, ma anche il sapiente gioco dei disboscamenti, che selezionano i migliori prati irrigui lasciando torbiere e parziali coperture forestali sugli accumuli di frana. La rete degli insediamenti, ancorch\u00e9 quasi mai sotto forma di villaggio, \u00e8 straordinariamente densa nella fascia di questo fondovalle allargato, e vi si trovano a volte eleganti testimoni della geologia locale sotto forma di rocce e pietre con bei granati nei basamenti e nei muri.<\/p>\n

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12. Bianchissime rocce calcaree affiorano a lastroni sul crinale verso Perloz, circondate da stelle alpine e astri violetti.<\/p><\/div>\n

Dunque, osservando il vallone di San Grato con gli strumenti delle Scienze della Terra, una moltitudine di stimoli, di suggestioni, di collegamenti culturali si offre alla nostra mente e ai nostri sensi. Si tratta, \u00e8 vero, di reazioni umane che possiamo provare sovente al cospetto della natura quand\u2019essa interagisce con la civilt\u00e0 alpina. Ma la qualit\u00e0 del dialogo fra il buon osservatore ed il territorio dipende strettamente dal tipo di intervento umano che si \u00e8 sedimentato sul territorio stesso. Se \u00e8 vero che l\u2019assenza di intervento impoverisce il territorio alpino, \u00e8 anche vero che l\u2019intervento sbagliato ne distrugge le potenzialit\u00e0 culturali e quindi turistiche. Nel vallone di San Grato le potenzialit\u00e0 sono particolarmente alte, dato l\u2019alto livello di qualit\u00e0 architettonica, la struttura fisica del vallone, la sua geodiversit\u00e0. Tutto \u00e8 legato, e nella civilt\u00e0 tradizionale tutto \u00e8 stato valorizzato in modo equilibrato. Applicare nuovi criteri di sfruttamento delle risorse territoriali \u00e8 operazione delicata. Non sempre le iniziative che il mercato globale ci propone si inseriscono in una dinamica positiva di progresso equilibrato. Il concetto stesso di progresso si \u00e8 perso nelle nuove categorie della globalizzazione: si va alla cieca alla ricerca di sterili efficienze contabili, che si rivelano dolorose per l\u2019economia e l\u2019occupazione. Prima di adottare impulsivamente tali modelli, prima di sbancare, sradicare, sterrare, ci sembra opportuno riflettere alla compatibilit\u00e0 di tali azioni con l\u2019equilibrata saggezza del territorio quale ci \u00e8 stato lasciato dai nostri padri. Nel territorio valdostano \u00e8 racchiusa la parte migliore della creativit\u00e0 storica dei suoi abitanti. Anche se ora non sappiamo pi\u00f9 incrementarne il valore culturale, facciamo almeno fruttare quel che c’\u00e8 nel modo giusto.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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