{"id":2087,"date":"2014-07-07T19:00:50","date_gmt":"2014-07-07T17:00:50","guid":{"rendered":"https:\/\/www.andarpersassi.it\/?p=2087"},"modified":"2020-04-13T16:21:31","modified_gmt":"2020-04-13T14:21:31","slug":"pietra-ollare-vda","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/andarpersassi.it\/pietra-ollare-vda\/#content","title":{"rendered":"Pietra ollare. Il punto della situazione in Valle d’Aosta."},"content":{"rendered":"

Che cos\u2019\u00e8 la pietra ollare<\/h3>\n
\"1.<\/a>

1. Statuetta in pietra ollare del popolo Inuit
(Qu\u00e9bec, Canada) illustrante la concia
delle pelli.<\/p><\/div>\n

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La pietra ollare \u00e8 una delle pietre usate nella preistoria, nell\u2019antichit\u00e0 e nella tradizione di molti popoli nel mondo per produrre manufatti strumentali e rituali. Il termine pietra ollare<\/em> \u00e8 un\u2019espressione coniata per artigiani alpini che producono recipienti (olle, lavezzi) <\/em>e stufe in pietra, e non ha quindi preciso significato scientifico. La pietra cos\u00ec indicata, lavorabile ad un certo dettaglio senza che si spacchi, si ottiene da alcune rocce termicamente refrattarie, tenere, dense (\u201cpesanti\u201d), omogenee e compatte, prive di evidenti suddivisioni in piani. In campo culturale, il termine pietra ollare<\/em> \u00e8 stato in parte adottato dall\u2019archeologia in quanto lampade e recipienti in tale materiale formano una parte non trascurabile dei ritrovamenti negli scavi.<\/p>\n

\"2.<\/a>

2. Vasetti in pietra ollare esposti al Museo
Archeologico Regionale di Aosta
(diametro cm 8 circa).<\/p><\/div>\n

La produzione attuale di oggetti in pietra ollare nelle Alpi \u00e8 assai ridotta, circoscritta in genere ad attivit\u00e0 artigianali di stufe, focolari e piccoli oggetti di arredamento e da giardino, o ad opere artistiche; inoltre la materia prima proviene sovente dall\u2019esterno, anche da molto lontano.<\/p>\n

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Utilizzo della pietra ollare in Valle d\u2019Aosta<\/h3>\n

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Attualmente, sul territorio valdostano possiamo trovare in pietra ollare oggetti archeologici, attribuiti per lo pi\u00f9 al medioevo, e pochi oggetti moderni di fabbricazione artigianale o artistica.<\/p>\n

Limitandoci ai primi, passiamo qui in rapida rassegna quelli che ci sembrano essere i pi\u00f9 significativi utilizzi storici di tale materiale.<\/p>\n

\"3.<\/a>

3. Scarti di lavorazione in cloritoscisto granatifero
a grana grossa provenienti da antica
officina in Valmeriana (Pontey).<\/p><\/div>\n

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1. Gli scarti di lavorazione di recipienti al tornio costituiscono il ritrovamento archeologico pi\u00f9 classico e \u201cnormale\u201d, quello che definisce la pietra ollare e identifica un antico laboratorio. I pezzi scartati rappresentano il residuo della cavit\u00e0 asportata della olla<\/em>, ci\u00f2 che si scava nel blocco di pietra per ottenere un recipiente. Si presentano in forma rozzamente conica ammucchiati nelle vicinanze delle antiche officine, le quali a loro volta sorgono non troppo distante dalle fonti della materia prima.<\/p>\n

\"4.<\/a>

4. Lastricatura di sagrato mediante scarti
di lavorazione lavezzi dinanzi la cappella
di Saint-Jacques (Ayas).<\/p><\/div>\n

Praticamente tutti i depositi registrati in letteratura sono ora scomparsi, saccheggiati per uso decorativo di case private e giardini, tranne quelle parti incorporate in manufatti pi\u00f9 grandi, come il sagrato della cappella di Saint-Jacques (Ayas). Ci si potrebbe chiedere come mai si trova abbondanza di pezzi scartati e quasi mai le olle vere e proprie. La risposta pu\u00f2 essere cercata in due direzioni: da una parte, i prodotti finiti (le olle) sono assai pi\u00f9 sparpagliati sul territorio (e anche pi\u00f9 fragili) che non gli scarti di lavorazione; e d\u2019altra parte, la produzione doveva essere destinata in gran parte all\u2019esportazione, dato questo del massimo interesse per l\u2019indagine storica. In effetti, non risulta ancora abbozzato un serio studio sui tempi e modi della diffusione di tali manufatti.<\/p>\n

\"5.<\/a>

5. Recipienti completi in pietra
ollare esposti al Museo
dell\u2019Artigianato Valdostano di
F\u00e9nis (diametro cm 30 circa).<\/p><\/div>\n

 <\/p>\n

2. Gli affioramenti di roccia adatta ad essere lavorata come pietra ollare in Valle d\u2019Aosta sono numerosi ma di estensione assai limitata. Alcuni di essi recano traccia di coltivazione in blocchi di forme svariate, cilindri o parallelepipedi, e di dimensioni in genere contenute, inferiori al metro cubo o anche di pochi decimetri cubi. Sono verosimilmente questi affioramenti che hanno alimentato fra l\u2019altro l\u2019esile filiera delle opere artistiche in pietra ollare,\u00a0fra cui i testi (Cortelazzo, 2008) indicano colonnine d\u2019altare e sculture sacre (vedi sotto).<\/p>\n

\"6.<\/a>

6. Sito di estrazione di pietra ollare
in affioramento di cloritoscisto al Lac
Couvert (Issogne).<\/p><\/div>\n

Sulle lenticelle di pietra ollare che solcano gli affioramenti di peridotite serpentinizzata, tipici ad esempio delle Gole di Montjovet, sono a volte tracciate incisioni rupestri a coppelle ed a segni lineari, talvolta estese su vaste superfici. I segni lineari possono essere tagli di tipo \u201cpolissoirs\u201d, croci di tutti i generi, balestriformi o altre composizioni pi\u00f9 o meno figurative come scale, animali o simboli religiosi.<\/p>\n

\"7.Vena<\/a>

7. Vena di cloritoscisto in affioramento di peridotite serpentinizzata entro le Gole di Montjovet. Incisioni a coppelle (in alto), a croci puntate (in basso), a scritte moderne (in centro).<\/p><\/div>\n

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3. Ma la produzione che in Valle d\u2019Aosta ha lasciato le tracce pi\u00f9 imponenti, attestanti un\u2019attivit\u00e0 intensa e duratura per pi\u00f9 periodi storici, riguarda un oggetto che in nessun\u2019altra regione del mondo risulta prodotto in pietra ollare: la macina da mulino. Mentre infatti le macine sono generalmente in pietra dura (granito, quarzite ecc.), invece per certi usi specifici fin dall\u2019antichit\u00e0 in tutta l\u2019area padana e oltre venivano richieste macine \u201ctenere\u201d di provenienza per lo pi\u00f9 valdostana.<\/p>\n

\"8.Grossa<\/a>

8. Grossa macina in cloritoscisto granatifero, abbandonata nel bosco della Valmeriana (Pontey).<\/p><\/div>\n

Si tratta di manufatti cilindrici di dimensioni contenute, tipicamente non oltre 60 cm di diametro per 20 cm di altezza, con un foro centrale, per i quali si scelgono materie prime con un\u2019alta percentuale di grossi cristalli duri immersi in una pasta di pietra tenera (vedi petrografia pi\u00f9 sotto). Alcuni di tali materiali, in contemporanea e a poca distanza, venivano utilizzati per la produzione di pentolame in pietra ollare, per cui si ritiene incongruo separare concettualmente le due attivit\u00e0. Si presume che tali macine venissero esclusivamente usate per piccoli mulini a mano, fissi o anche trasportabili (in particolare nel corso di campagne militari), costituendo una specialit\u00e0 apprezzata e commerciata fino al XVI secolo. Una pietra ollare di questo tipo, di formato ridotto ed irregolare rispetto alle macine medievali, e con una superficie piatta consumata, al Museo Archeologico Regionale di Aosta \u00e8 classificata ed esposta come strumento di molitura a mano di et\u00e0 preromana: l\u2019utilizzo della pietra ollare valdostana per usi molitori andrebbe dunque fatto risalire almeno all’et\u00e0 del ferro. Il condizionale \u00e8 d’obbligo in quanto la datazione, secondo alcuni esperti, andrebbe verificata.<\/p>\n

\"9.Macina<\/a>

9. Macina presumibilmente valdostana conservata al Museo archeologico di Mergozzo (VB), proveniente da scavi a Candoglia in contesto tardo-antico.<\/p><\/div>\n

I centri valdostani di produzione di macine sono localizzati in Valmeriana (Pontey) e nel vallone di Saint-Marcel. Per tutto il periodo di cui disponiamo di buona documentazione (secoli XII-XIV), le macine valdostane oggetto di mercato vengono globalmente indicate come macine di Saint-Marcel. Ora, proprio le macine provenienti da questa localit\u00e0 sono costituite da un materiale diverso, dalle propriet\u00e0 meccaniche simili alla pietra ollare, ma che, al contrario di quello della vicina Valmeriana, non \u00e8 mai stato usato per le classiche produzioni in pietra ollare. Ci si trova dunque di fronte ad un dilemma di procedura: sono o non sono in pietra ollare le macine di Saint-Marcel? In altre parole: o si escludono le pietre da macina valdostane dall\u2019ambito delle pietre ollari, o si aggiunge un nuovo materiale, usato solo per macine, alla lista generale delle pietre ollari. Considerata la indeterminatezza scientifica della categoria delle pietre ollari, noi faremo rientrare tutte le macine valdostane in tale ambito, sperando che possa presto essere determinata con precisione la loro composizione.<\/p>\n

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\"10.Scarti<\/a>

10. Scarti di lavorazione in cloritoscisto a grana fine da Valtournenche, Ayas e Champorcher, conservati al Museo dell\u2019Artigianato Valdostano di F\u00e9nis.<\/p><\/div>\n

Petrografia della pietra ollare valdostana<\/h3>\n

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Come accennato, la pietra ollare, entro il campo in cui viene circoscritta dalla consuetudine, non trova in petrografia un corrispondente univoco: a seconda delle zone si utilizzano rocce a diversa composizione mineralogica. Passando per\u00f2 in rivista i vari ritrovamenti archeologici e tradizionali di pietra ollare, ed identificandone i minerali costituenti, \u00e8 possibile compilare un elenco di rocce petrograficamente definite in cui tali materiali possono venire ricompresi. Questo lavoro \u00e8 stato abbozzato nell\u2019articolo di Mannoni et al.<\/em>, 1987, che ha attribuito una lettera alfabetica da A ad L ad ogni tipo di pietra ollare allora studiato. Nella maggior parte dei casi i componenti principali della pietra ollare sono silicati idrati di ferro e magnesio. Si ottiene cos\u00ec l\u2019indicazione che la pietra ollare, nelle sue principali versioni, \u00e8 riconducibile all\u2019ambito delle rocce aventi origine da una placca oceanica. Si tratta quindi di rocce provenienti direttamente dal mantello, o indirettamente dai suoi prodotti di fusione (basalto, gabbri) negli abissi oceanici, e sottoposte poi ad evoluzione idrotermale (cio\u00e8 modificate in acqua pi\u00f9 o meno calda, sotto pressione e ricca in minerali). Nel caso particolare della pietra ollare valdostana, essenziale \u00e8 per\u00f2 il successivo processo metamorfico, comprendente uno sprofondamento \u201cfreddo\u201d della placca oceanica (corrispondente ad un ciclo di subduzione litosferica: vedi Manualetto di Geologia alpina<\/a>), ed una successiva risalita \u201ctiepida\u201d in ambiente idrato, con incorporazione di acqua nei minerali ferromagnesiaci.<\/p>\n

\"11.Sito<\/a>

11. Sito di estrazione macine in glaucofanite granatifera a Fontillon (Saint-Marcel). L\u2019insieme delle rocce valdostane contenenti pietra ollare ha sperimentato in passato una fase di equilibrio eclogitico come quello conservato in questo sito.<\/p><\/div>\n

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A seconda dei diversi esiti di tale processo, disponiamo in Valle d\u2019Aosta di diverse \u201cpietre ollari\u201d, in gran parte inventariate nella ricerca di Castello & De Leo, 2007; esse risultano raggruppabili in due grandi famiglie.<\/p>\n

1. Cloritoscisti a clorite magnesiaca: grana fine o media, colore grigio-verde pallido, possibile presenza di granato e minerali di calcio in piccoli cristalli. Li si trova in associazione con le serpentiniti, rocce derivate dal mantello terrestre e trasformate sul fondo dell’antico oceano.<\/p>\n

2. Cloritoscisti a clorite ferro-magnesiaca: grana media o grossa, pi\u00f9 raramente fine, colore verde, presenza frequente, anche vistosa, di granato, cloritoide ed anfibolo. Li si trova in associazione con le metabasiti, antiche rocce magmatiche della crosta oceanica.<\/p>\n

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Residui di lavorazioni, se non anche pietre grezze, della prima categoria sono stati trovati innanzitutto nei due distretti che la tradizione, e gli autori dei secoli scorsi, indicano come \u201cpatria\u201d della pietra ollare: Valtournenche (attorno a Champl\u00e8ve) ed Ayas (Vallone delle Cime Bianche). Parimenti nel distretto al confine fra Champdepraz (Col la Croix), Champorcher (Petit Rosier) ed Issogne (Lac Couvert) i blocchi con segni di estrazioni e gli affioramenti sfruttati per pietra ollare alle analisi si allineano alla prima categoria.<\/p>\n

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\"12.<\/a>

12. Sbozzatura di pietra ollare pronta per essere cavata nel bosco di Estaod (Montjovet).<\/p><\/div>\n

Inaspettatamente, per\u00f2, campioni della seconda categoria sono stati ugualmente forniti da Ayas e Valtournenche, unitamente a fonti in detrito a Gressan (con grana fine). Comunque, i contributi alla seconda categoria, con tipologie a grana media o grossa, vengono per lo pi\u00f9 dalle due zone di estrazione delle macine, Pontey (Valmeriana) e Saint-Marcel (Servette e altri siti).<\/p>\n

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Ai due estremi troviamo dunque: da una parte le vene di clorite fine, pallida o argentea, sfruttate per lastre, mortai e recipienti vari; dall\u2019altra parte le lenti di cloritoscisti a granato e cloritoide \u00b1 anfibolo, usate anche (o solo) per fare macine. Fra i due estremi annoveriamo i vari cloritoscisti pi\u00f9 o meno ricchi di magnetite, granato e silicati di calcio, che provengono dal Ventina (Ayas), dal torrente Molina (Pontey), dalla Clavalit\u00e9 (F\u00e9nis), ed i cloritoscisti ad anfibolo della Valtournenche. Tutti gli affioramenti, tranne quello del Breuil presso il Piccolo San Bernardo, appartengono alla falda oceanica profonda detta di Zermatt-Saas.<\/p>\n

\"13.<\/a>

13. Cloritoscisti granatiferi utilizzati a definizione dell\u2019apertura di una abitazione tradizionale nel villaggio di Plout (Saint-Marcel).<\/p><\/div>\n

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Rispetto al complesso delle pietre ollari alpine, quelle valdostane, con l\u2019eccezione sopra ricordata, si caratterizzano dunque per appartenere ad una massa rocciosa sottoposta, nel corso del suo ultimo processo evolutivo, a condizioni di alta pressione-bassa temperatura corrispondenti al ciclo di subduzione della placca oceanica sotto quella adriatica. Ci\u00f2 potrebbe costituire un prezioso elemento di riconoscimento dei manufatti valdostani sparsi per il mondo antico e medievale, in quanto relitti di assemblaggi minerali di alta pressione-bassa temperatura, caratteristici della facies eclogitica di subduzione, dovrebbero potersi identificare nel materiale del manufatto. Questo non circoscrive in modo assoluto l\u2019appartenenza del manufatto in questione alla Valle d\u2019Aosta, perch\u00e9 altre zone delle Alpi Occidentali hanno sperimentato equilibri eclogitici su rocce oceaniche, ma restringe considerevolmente il campo. Inoltre, allo stato attuale delle ricerche archeologiche, il contributo valdostano al commercio storico globale di macine e altri oggetti in pietra ollare sembra assai superiore a quello degli altri siti alpini che sfruttano rocce eclogitiche.<\/p>\n

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\"14.<\/a>

14. Profilo di apertura a sesto acuto in pietra ollare. Castello di Quart.<\/p><\/div>\n

La pietra ollare che ereditiamo nel paesaggio<\/h3>\n

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Non \u00e8 facile riconoscere al volo i blocchi di pietra ollare nelle costruzioni e negli altri manufatti tradizionali. In generale si pu\u00f2 dire che la pietra ollare \u00e8 considerata una risorsa importante e quindi non viene sprecata nelle murature o nelle lastricature. Potrebbe invece essere inserita nelle riquadrature di porte e finestre, l\u00e0 dove era necessaria un\u2019aggiustatina con lo scalpello, che sulla pietra ollare riesce pi\u00f9 facilmente. In effetti in questo ruolo sono per ora documentati prevalentemente blocchi di cloritoscisto a grossi granati, frequenti per esempio nei villaggi di Plout ed Enchasaz (Saint-Marcel), dove costituiscono anche archi ed architravi. Non \u00e8 da escludere, in questi casi, un movente prevalentemente estetico.<\/p>\n

\"15.<\/a>

15. La statua di San Girolamo in cloritoscisto a grana fine, inserita nella nicchia a sinistra del portico di entrata al Santuario di Machaby (Arnad).<\/p><\/div>\n

La tradizione asserisce che da Petit Rosier provengono i blocchi con cui sono state scolpite alcune statue installate nell\u2019area sacra antistante il Santuario di Machaby (Arnad). Mediante sopraluogo in esterno si \u00e8 potuto verificare che due statue sono scolpite in pietra ollare, un cloritoscisto a grana fine compatibile con quello di Petit Rosier: il Cristo in croce e San Girolamo nella nicchia del muro a monte (sud-est). L\u2019altra statua (San Grato) cos\u00ec come colonne (anche quelle del portico), capitelli e piedistalli, sono invece modellati in una roccia a grana medio-grossa: una anfibolite ricca in albite e clorite.<\/p>\n

Altri manufatti in pietra ollare sono qua e l\u00e0 reperibili nel paesaggio e nei monumenti valdostani. L’altare della cappella di San Valentino citato dal Brunod \u00e8 quasi completamente smantellato, forse sussistono due colonnine. \u00a0Una piccola croce sorge lungo la strada per Estoul, sempre in Comune di Brusson. Una bella arcata di porta \u00e8 visitabile al castello di Quart. Una “caccia al tesoro” delle pietre ollari sarebbe assai utile nelle valli alpine per capire il ruolo storico di questo materiale e dei suoi antichi artigiani. Una traccia: i numerosi toponimi Lavess\u00e9, Lavachey<\/em>, ecc. indicano probabilmente dei luoghi di lavorazione e vendita di lavezzi<\/em> e di recipienti in genere…<\/p>\n

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Raccomandazione<\/p>\n

Al Museo dell\u2019Artigianato Valdostano di Tradizione (MAV) di F\u00e9nis la vetrina iniziale \u00e8 dedicata alla pietra ollare. Vi sono esposti blocchi grezzi di pietra ollare valdostana, scarti di lavorazione provenienti da vari siti regionali raggruppati per tipo di pietra ollare, pezzi in lavorazione, prodotti a fine carriera. \u00c8 possibile toccarli e, i pi\u00f9 maneggevoli, prenderli in mano. L\u2019allestimento \u00e8 dovuto al geologo Paolo Castello, senz\u2019altro il maggior esperto valdostano della materia. Egli ha redatto anche la precisa e completa scheda illustrativa della vetrina, che permette un corretto inquadramento di tutto l\u2019argomento. Come dicono i francesi, incontournable!<\/em><\/p>\n

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Bibliografia minima<\/h3>\n

Castello P., De Leo S. (2007) \u2013 Pietra ollare della Valle d\u2019Aosta: caratterizzazione petrografica di una serie di campioni e inventario degli affioramenti, cave e laboratori. In: Bulletin d\u2019\u00e9tudes pr\u00e9historiques et arch\u00e9ologiques alpines<\/em>, XVIII, 53-76<\/p>\n

Mannoni T., Pfeifer H.R., Serneels V. (1987) \u2013 Giacimenti e cave di pietra ollare nelle Alpi. In: La pietra ollare dalla preistoria all\u2019et\u00e0 moderna.<\/em> Atti del convegno, Como 16-17 ottobre 1982. Museo Civico Archeologico \u201cGiovio\u201d, Como, 7-45.<\/p>\n

Cortelazzo M. (2008) \u2013 Pietra ollare in Valle d\u2019Aosta: problemi e prospettive per una ricerca. In: Minaria Helvetica<\/em> 30\/2012, Actes de la Table ronde du 19-20 septembre 2008<\/em>, Mus\u00e9e de la Pierre ollaire de Champsec (Bagnes, VS, Suisse).<\/p>\n

Cortelazzo M. (2013) – Le macine in cloritoscisto granatifero (pietra ollare) della Valle d\u2019Aosta: dai \u201cmoleria\u201d <\/em>al \u201cmolendinum ad brachia\u201d. <\/em>Un importante prodotto d\u2019esportazione dell\u2019economia valdostana nel Medioevo, in Bulletin d\u2019\u00c9tudes Pr\u00e9historiques et Arch\u00e9ologiques Alpines. Num\u00e9ro sp\u00e9cial consacr\u00e9 aux Actes du XIIIe<\/sup> Colloque sur les Alpes dans l\u2019Antiquit\u00e9, Brusson \/ Vall\u00e9e d\u2019Aoste, 12-14 octobre 2012<\/em>, 89-124.<\/p>\n

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Che cos\u2019\u00e8 la pietra ollare   La pietra ollare \u00e8 una delle pietre usate nella preistoria, nell\u2019antichit\u00e0 e nella tradizione… continua…<\/a><\/p>\n","protected":false},"author":2,"featured_media":2100,"comment_status":"open","ping_status":"open","sticky":false,"template":"","format":"standard","meta":{"footnotes":""},"categories":[3,147],"tags":[202,203,42,130,205,206,207,204,135,90],"_links":{"self":[{"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/2087"}],"collection":[{"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts"}],"about":[{"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/types\/post"}],"author":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/users\/2"}],"replies":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/comments?post=2087"}],"version-history":[{"count":81,"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/2087\/revisions"}],"predecessor-version":[{"id":5667,"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/posts\/2087\/revisions\/5667"}],"wp:featuredmedia":[{"embeddable":true,"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/media\/2100"}],"wp:attachment":[{"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/media?parent=2087"}],"wp:term":[{"taxonomy":"category","embeddable":true,"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/categories?post=2087"},{"taxonomy":"post_tag","embeddable":true,"href":"https:\/\/andarpersassi.it\/wp-json\/wp\/v2\/tags?post=2087"}],"curies":[{"name":"wp","href":"https:\/\/api.w.org\/{rel}","templated":true}]}}