{"id":3940,"date":"2016-01-03T17:33:09","date_gmt":"2016-01-03T16:33:09","guid":{"rendered":"https:\/\/www.andarpersassi.it\/?p=3940#content"},"modified":"2020-04-13T15:13:36","modified_gmt":"2020-04-13T13:13:36","slug":"geologia-incrocia-storia","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/andarpersassi.it\/geologia-incrocia-storia\/#content","title":{"rendered":"Quando la Geologia incrocia la Storia"},"content":{"rendered":"

Anche se forse non ce ne rendiamo conto, la Geologia \u00e8 una componente della Storia lungo tutta l\u2019evoluzione dell\u2019umanit\u00e0. Mari, monti, fiumi e pianure sono oggetti geologici con cui l\u2019umanit\u00e0, da quando esiste, non smette un attimo di interagire. A maggior ragione la Geologia \u00e8 protagonista nella Storia dei paesi alpini, l\u00e0 dove l\u2019uomo elabora la sua civilt\u00e0 in funzione dell\u2019energia accumulata nelle montagne attraverso processi geologici.<\/p>\n

Ma ci sono momenti e situazioni particolari in cui le comunit\u00e0 umane fanno espresso e deliberato ricorso a determinate risorse o strutture geologiche. Senza pretese di completezza, vediamo dunque nel caso concreto di una grande valle alpina, la Valle d\u2019Aosta, come e quando la Storia e la Geologia possano essersi incontrate. Iniziamo naturalmente dalla Preistoria, e nei prossimi articoli ci occuperemo dei periodi pi\u00f9 vicini a noi.<\/p>\n

\"Fig.<\/a>

Fig. 01 – Orientamento NE-SW delle valli e delle creste rocciose nell’alta Valle d’Aosta.<\/p><\/div>\n

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Gli antefatti<\/h3>\n

Senza risalire troppo in l\u00e0 nel profondo dei tempi geologici, tre sono gli eventi rilevanti per la storia\u00a0 valdostana che si svolgono in gran parte prima che l\u2019uomo appaia sulla Terra.<\/p>\n

Il primo evento \u00e8 evidentemente la surrezione della catena alpina che, se le ultime datazioni sono corrette, si \u00e8 compiuta per l\u2019essenziale, nelle forme che vediamo ora, da circa 38 milioni di anni fa ad oggi. In particolare il sollevamento del Monte Bianco potrebbe avere avuto la sua massima accelerazione poco prima dell\u2019apparizione dell\u2019uomo. La surrezione si manifesta essenzialmente come un\u2019increspatura di onde da trasporto tettonico e pieghe di compressione con assi diretti NE-SW, paralleli all\u2019andamento dell\u2019arco alpino, riconoscibili ancora come valli e creste soprattutto nella parte occidentale della regione. Tutto fa pensare, infatti, che la compressione, e quindi l\u2019innalzamento della catena, siano via via pi\u00f9 recenti procedendo da est verso ovest della regione.<\/p>\n

\"Fig.<\/a>

Fig. 02 – Alcune strutture su cui si imposta il rilievo valdostano. In verdino le strutture profonde della compressione alpina, in altri colori i vari sistemi di strutture superficiali rigide (faglie).<\/p><\/div>\n

Il secondo evento morfologico fondamentale \u00e8 l\u2019attivit\u00e0 del sistema di faglia Aosta-Joux-Ranzola lungo l\u2019attuale media valle della Dora. Si tratta di una estesa dislocazione di parte della catena alpina lungo una direttrice est-ovest, quindi sbieca rispetto all\u2019andamento NE-SW dell\u2019arco alpino stesso. Lo sprofondamento del settore a nord della Dora crea un solco E-W che attira le acque da entrambi i versanti producendo una lunga valle intramontana con confluenze meridiane. L\u2019accidente sembra possa situarsi in concomitanza con importanti eventi profondi (collisione delle placche, rottura del piano di immersione) a partire da 38 milioni di anni fa.<\/p>\n

\"Fig.<\/a>

Fig. 03 – L’antico ghiacciaio della Valeille (Cogne) costretto a una virata a sinistra nell’incontro con la struttura Fascio di Cogne.<\/p><\/div>\n

In tempi pi\u00f9 recenti, il terzo evento fondamentale \u00e8 la riattivazione in superficie, con fratture e dislocazioni, delle strutture profonde ad andamento NE-SW ereditate dalla compressione alpina. Le nuove linee di movimento, attive nella parte orientale della regione, tagliano la precedente faglia E-W, ormai praticamente inattiva, con effetti rilevanti sulla geografia di questa parte delle Alpi. \u00c8 infatti grazie a questa intersezione che a Saint-Vincent la Dora riesce ad uscire dal solco E-W della faglia e dirigersi a sud verso la pianura. Invece ad occidente, nell\u2019alta valle, prevalgono piccoli sistemi di faglie a diverso orientamento che non cancellano nel paesaggio la forte impronta strutturale ad assi NE-SW della compressione alpina.<\/p>\n

Nel corso della preistoria e della storia valdostane questi eventi pi\u00f9 volte avranno un ruolo importante, e verranno di volta in volta evocati sotto l\u2019angolatura pi\u00f9 opportuna.<\/p>\n

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\"Fig.<\/a>

Fig. 04 – Ai piedi del Mont Fall\u00e8re, 2200 m, una successione archeologica e paleobotanica dal Mesolitico all’Et\u00e0 del Rame.<\/p><\/div>\n

Preistoria lontana (Pleistocene superiore)<\/h3>\n

Sussistono pochi dubbi che gruppi appartenenti al genere Homo<\/em> abbiano soggiornato in ambiente alpino fra 800’000 e 10’000 anni fa, poich\u00e9 impronte umane dell\u2019epoca pi\u00f9 lontana sono state trovate fino in Inghilterra. Come ormai riconosciuto autorevolmente (e. g. Fedele 2015) le pendici montane hanno rappresentato per millenni, soprattutto in periodi interglaciali, un ambiente ben pi\u00f9 accogliente che non la nebbiosa, paludosa e intricata foresta padana. In questo enorme lasso di tempo, l\u2019uomo ha approfondito una branca della geologia: ha in qualche modo accumulato una conoscenza minuziosa ed operativa della pietra, o meglio delle diverse pietre, individuate come strumento che lo metteva al disopra dei predatori concorrenti. Tale conoscenza verr\u00e0 poi ristretta agli specialisti con l\u2019avvento dei metalli, delle citt\u00e0 e della divisione sociale del lavoro.<\/p>\n

\"Fig.<\/a>

Fig. 05 – Una delle tombe a cista del sito neolitico-bronzo (?) di Vollein (Quart).<\/p><\/div>\n

Per l\u2019area alpina nordoccidentale, sussistono per ora rari reperti archeologici riferibili al Paleolitico superiore (Monfenera in bassa Valsesia, Alto Biellese, Vallese svizzero).<\/p>\n

Il dato geologico per quel periodo sulle Alpi \u00e8 la presenza documentata di glaciazioni, separate da lunghi periodi interglaciali caldi. Le glaciazioni pleistoceniche si impostano su un territorio definito da strutture profonde (onde di trasporto tettonico, pieghe di compressione, contatti fra corpi rocciosi diversi, fasce di debolezza meccanica per dislocazioni rigide) ma gi\u00e0 disegnato dal reticolo di fiumi e torrenti. Le glaciazioni sono fra gli agenti esogeni pi\u00f9 efficienti nell\u2019ottimizzare un bacino idrografico: i massicci in surrezione catturano le precipitazioni nevose e si coprono di calotte bianche, poi le grandi colate di ghiaccio individuano i migliori collegamenti fra strutture per raggiungere la pianura. Attraverso i grandi ghiacciai del passato, la geologia incontra, se non la storia, sicuramente la geografia.<\/p>\n

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\"Fig.<\/a>

Fig. 06 – Riparo sotto roccia presso il Lago Nero di Zermatt, con reperti dal 5000 a.C. Foto U. Lenzinger, Mus\u00e9es Cantonaux du Valais.<\/p><\/div>\n

Preistoria vicina (Olocene)<\/h3>\n

A partire dalla deglaciazione (circa 15-10’000 anni fa) abbiamo pi\u00f9 abbondanti testimonianze di attivit\u00e0 umana nelle Alpi.<\/p>\n

In Valle d’Aosta, al neolitico (circa 5000-3250 a.C.) sono riferite sepolture in tombe a cista, cio\u00e8 con il corpo raggomitolato e \u201cinscatolato\u201d fra lastre di pietra sepolte: i luoghi tipici sono Vollein (Quart), Champrotard (Villeneuve) e Fiusey (Montjovet), ma forse anche il Colle di Saint-R\u00e9my e altrove. Questi reperti di ambiente funerario sono la testimonianza pi\u00f9 visibile del neolitico valdostano, e si conformano ad una tipologia caratteristica delle Alpi nord-occidentali. A Vollein poi Geologia ed Archeologia si incontrano in un formidabile Geosito che sar\u00e0 oggetto di un articolo a parte.<\/p>\n

\"Fig.<\/a>

Fig. 07 – Ascia rituale in giadeite prodotta nelle Alpi Occidentali e rinvenuta in Gran Bretagna. British Museum, Londra.<\/p><\/div>\n

Alla base del Mont Fall\u00e8re (2240 m), sono state trovate schegge di quarzo attribuite al Mesolitico (grosso modo dal 7000 a.C.), mentre i sedimenti nella torbiera sovrastante, fino all’Et\u00e0 del Rame, non attestano che incendi occasionali forse in relazione ad accampamenti di caccia. Invece alla torbiera della Mongiovetta (Issime, 1970 m) sono stati trovati abbondanti pollini di segale nel livello corrispondente al 4000 a.C., attestanti colture, probabilmente a quote inferiori (E. Brugiapaglia, com. pers<\/em>.).<\/p>\n

Le ricerche sono ancora allo stadio iniziale, ma nel Vallese ed in Savoia hanno comunque fornito importanti ritrovamenti di insediamenti e necropoli che, guarda caso, ammiccano al versante padano, e quindi alla Valle d\u2019Aosta, per stili e culture.<\/p>\n

\"Fig.<\/a>

Fig. 08 – Sul fondovalle di Chatillon e Saint-Vincent sussistono, parzialmente erosi al piede, i conoidi detritici subacquei dell’antico lago, su cui sono edificati i capoluoghi.<\/p><\/div>\n

Di questo primo periodo dell\u2019Olocene due sono le peculiarit\u00e0 geologiche significative per la storia della Valle d\u2019Aosta (e non solo).<\/p>\n

    \n
  1. La presenza nella regione di roccia eclogitica ricercata in particolare per fare asce, sia rituali che utilitarie. Si tratta dello strumento fondamentale per la vita neolitica di tutti i giorni. L\u2019eclogite permette, oltre al mantenimento di un filo tagliente, anche un migliore bilanciamento dell\u2019attrezzo grazie alla massima densit\u00e0 del materiale, che sposta il peso dal manico verso il punto di lavoro. Per quel che riguarda la giadeitite, particolare roccia eclogitica alpina di cui si sono trovate magnifiche asce rituali in tutta Europa, la Valle d\u2019Aosta e le valli confinanti ne offrono di ottima qualit\u00e0, ma non sono stati trovati (n\u00e9 forse abbastanza cercati) laboratori di fabbricazione. Un laboratorio sembra sia stato trovato in Valle Po ai piedi del Monviso, nell’ambito dunque delle rocce di origine oceanica.\n

  2. D\u2019importanza pi\u00f9 locale, la presenza del grande Lago della Mongiovetta, prodotto dallo sbarramento\u00a0della Dora alle Gole di Montjovet a causa di una frana dal valloncello di Rodoz. Il pelo dell\u2019acqua alla formazione stava forse sui 512 m s.l.m. per cui il lago si allungava fin presso Aosta, non lontano dall\u2019attuale Saint-Martin-de-Corl\u00e9ans. Le sue sponde dovevano essere scoscese per lunghi tratti, ma, come per molti laghi vallivi, poteva rappresentare un habitat favorevole. La sua durata pu\u00f2 essere valutata in alcuni secoli, e al fiorire della civilt\u00e0 megalitica il lago poteva essere gi\u00e0 sparito (o no?). Restano ancora adesso poderosi fondali e terrazze sabbiose, alcune nella forma tipica dei sablon<\/em>, coni detritici subacquei allo sbocco di valli e impluvi. Nessuna ricerca sistematica \u00e8 stata ancora tentata sulle sue antiche sponde n\u00e9 sui suoi fondali residui.<\/li>\n<\/ol>\n

     <\/p>\n

    L’Et\u00e0 del Rame (circa dal 3250 a.C.)<\/h3>\n

    Con l\u2019avvento della civilt\u00e0 megalitica, circa 5000 anni fa in Valle d\u2019Aosta (ma forse 75’000 anni fa in Sudafrica…), non possiamo pi\u00f9 far finta di non vedere le tracce dei nostri antenati. Le stele antropomorfe di Aosta e Sion, erette e poi abbattute e reimpiegate in tombe dell’Et\u00e0 del Bronzo, sono utilizzate nel corso di un periodo, tra fine IV e III millennio a.C., di sviluppo molto vivace del territorio alpino, detto in vari modi Neolitico Finale, Eneolitico, Calcolitico o Et\u00e0 del Rame. Il disinvolto maneggio di giganteschi blocchi di roccia, pi\u00f9 o meno intensamente scolpiti o incisi, sviluppa un savoir faire<\/em> e, oserei dire, un gusto per le opere ciclopiche che \u00e8 forse quello che ritroviamo qua e l\u00e0 nei boschi e sulle costiere rocciose, dove ancora adesso alcuni enormi massi sono sollevati in equilibrio su piccoli sassi o muretti.<\/p>\n

    \"Fig.<\/a>

    Fig. 10 – Un masso erratico di granito in bilico
    su un dosso di serpentinite a Chenal
    (Montjovet).<\/p><\/div>\n

    I ritrovamenti di questo periodo si estendono in quota dove si affiancano indizi archeologici e paleobotanici di deforestazione e pastorizia. Infatti a 2350 m sotto il Mont Fall\u00e8re la torbiera gi\u00e0 citata attesta in rapida successione resti di incendi, drastica riduzione di pollini di conifere (pino cembro) e improvvisa abbondanza di erba dei pascoli con vegetazione nitrofila e coprofila.<\/p>\n

    Paradossalmente, i siti dell\u2019Et\u00e0 del Rame segnalati finora non indirizzano verso la risorsa geologica locale che sar\u00e0 sfruttata nel Regno di Sardegna del XVIII-XIX secolo: appunto il rame. Rari e insignificanti i ritrovamenti metallici, ci dobbiamo indirizzare verso ceramiche e incisioni rupestri per datazioni e collegamenti stilistici.<\/p>\n

    \"Fig.<\/a>

    Fig. 11 – Figura a cerchi concentrici sullo specchio di faglia in serpentinite presso il Castello di Chenal (Montjovet).<\/p><\/div>\n

    Lo specchio di faglia (Fascio dell\u2019Ospizio Sottile) presso l\u2019entrata del castello di Chenal (Montjovet) espone incisioni a spirale e cerchi concentrici, riecheggiate in forme inconsuete (doppie parabole, fitti tratteggi) sul dosso glaciale del Mont des Fourches (Saint-Vincent). Il Vallese offre in quota tre ripari sotto roccia ricchi di materiale archeologico: \u00e8 di questo periodo infatti, come documenta l\u2019Uomo di Similaun, l\u2019appropriazione ecologica di tutte le fasce altimetriche della catena alpina da parte di comunit\u00e0 umane.<\/p>\n

    \"Fig.<\/a>

    Fig. 12 – Figurazioni originali a martellina
    su dosso in serpentinite al Mont des Fourches
    (Saint-Vincent).<\/p><\/div>\n

    La successiva Et\u00e0 del Bronzo in Valle d\u2019Aosta \u00e8 poco documentata, essendo principalmente attestata da reperti non contestualizzati oltre che da un paio di incisioni rupestri sfortunate per manomissioni (la Barma di Valtournenche) o dubbie per parametri tecnici (il Riparo Nord di Chenal). Si procede in genere per analogia con il Vallese e, in parte, il vicino Canavese.<\/p>\n

     <\/p>\n

    Dal Bronzo Finale (1200 a.C.) alla conquista romana<\/h3>\n
    \"Fig.<\/a>

    Fig. 13 – Veduta panoramica del Castelliere
    di Lignan (Nus) datato alla prima Et\u00e0 del Ferro.<\/p><\/div>\n

    Tra il Bronzo Finale e l\u2019Et\u00e0 del Ferro si cominciano a trovare pi\u00f9 concrete tracce di insediamenti, soprattutto ad una certa quota, tra cui il celebre Castelliere di Lignan (Nus) posto su un poggio di quarzite mineralizzata a manganese. Di quest\u2019epoca pare essere anche il tumulo di Chassan (Emar\u00e8se) al cui interno sarebbe stata trovata una pepita d\u2019oro, esposta al Museo Archeologico Regionale di Aosta. Tutto fa presumere che le miniere valdostane di oro, rame e ferro fossero al centro dell\u2019attenzione dei vari popoli rodaniani e padani, ma per ora nessun ritrovamento lo prova.<\/p>\n

    \"Fig.<\/a>

    Fig. 14 – Quello che sorge a lato delle torri di La Tour (Chatillon) non \u00e8 considerato ufficialmente un tumulo, ma \u00e8 improbabile una sua origine naturale.<\/p><\/div>\n

    Alla seconda met\u00e0 del primo millennio a.C. si fanno risalire molti dei ruderi che ci sorprendono nelle nostre escursioni: muraglie massicce pi\u00f9 o meno chiuse (\u201coppidum<\/em>\u201d) come a Djancan (Saint-Vincent) o Ciseran (Montjovet), tumuli inesplorati come quello de La Tour a Ch\u00e2tillon, passaggi lastricati o solcati, cerchi di muri in pietra a secco. Numerose sono nei musei le monete romane e galliche, numerosi sono i braccialetti in bronzo, in genere provenienti da tombe distrutte. Dal 400 a. C. datano le sorprendenti scorie di fusione metallurgica su cui sorge l’intero villaggio di Miseregne presso F\u00e9nis. Le scoperte si fanno pi\u00f9 frequenti in questi ultimi tempi: dal tumulo celtico presso il cantiere dell\u2019ospedale ad Aosta, fino ai villaggi di alta quota<\/a> sparsi nella media ed alta valle, che attestano un popolo in fuga disperata.<\/p>\n

    Il millennio che si conclude con la pax romana si delinea con maggiore attendibilit\u00e0 e, naturalmente, con sempre pi\u00f9 numerosi interrogativi.<\/p>\n

    \"Fig.<\/a>

    Fig. 15 – Collezione di punte e schegge da un atelier non ancora identificato presso il paleoalveo del Gran Valey a Saint-Vincent.<\/p><\/div>\n

     <\/p>\n

    Bibliografia citata<\/h3>\n

    Fedele F. (2015) – Preistoria della bassa Valle d’Aosta: per una storia del popolamento. Bulletin d’Etudes Pr\u00e9historiques et Arch\u00e9ologiques alpines<\/em> 25<\/strong>\/26 :<\/strong>\u00a09-62<\/p>\n

    Compagnoni R., Ricq-de-Bouard M., Giustetto R., Colombo F. (1995) – Eclogite and Na-pyroxenite stone axes of southwestern Europe: a preliminary petrologic survey. Bollettino del Museo Regionale di Scienze Naturali<\/em>, Torino, Supplemento al vol. 13<\/strong>\/2\u00a0: 329-359.<\/p>\n

    Pini R., Guerreschi A., Di Maio P., Raiteri L., Ravazzi C. (2013) – Preistoria degli ambienti d’alta quota in Valle d’Aosta. Primi risultati di indagini paleobotaniche e archeologiche sull’altopiano del Mont Fall\u00e8re.\u00a0Bulletin d’Etudes Pr\u00e9historiques et Arch\u00e9ologiques alpines<\/em> 24<\/strong> : 53-61.<\/p>\n

    Vedere anche:<\/em>\u00a0http:\/\/www.regione.vda.it\/gestione\/riviweb\/templates\/aspx\/environnement.aspx?pkArt=1587<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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