{"id":4022,"date":"2016-05-12T18:03:46","date_gmt":"2016-05-12T16:03:46","guid":{"rendered":"https:\/\/www.andarpersassi.it\/?p=4022#content"},"modified":"2020-04-13T14:55:48","modified_gmt":"2020-04-13T12:55:48","slug":"passaggi-a-nord-ovest","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/andarpersassi.it\/passaggi-a-nord-ovest\/#content","title":{"rendered":"Passaggi a nord-ovest"},"content":{"rendered":"

… ovvero come ti rendo devoto il montanaro.<\/p>\n

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L\u2019umanit\u00e0 ha bisogno di spostarsi, e non \u00e8 certo una catena alpina che pu\u00f2 impedirglielo. L\u2019intensit\u00e0 dei transiti attraverso le nostre montagne varia col tempo, come pure la tipologia dei transiti: carovane mercantili nei periodi fasti, viandanti e pellegrini fra santuari e universit\u00e0, missioni politico-militari secondo necessit\u00e0 diplomatiche, intraprendenti montanari lungo i flussi migratori.<\/p>\n

\"1.<\/a>

1. A quasi 3000 m la traccia di un antico passaggio transalpino sensibile ai mutamenti climatici. Colle delle Cime Bianche, Ayas.<\/p><\/div>\n

Molti fattori hanno condizionato nel tempo storico e preistorico la scelta di un itinerario attraverso la catena alpina. Alla base conta naturalmente la direzione e la speditezza della via in relazione alla destinazione che si \u00e8 fissata. Conta per\u00f2 anche la percorribilit\u00e0, che non \u00e8 sempre costante: infrastrutture, sicurezza, regolarit\u00e0 del tracciato possono cambiare secondo le epoche, come pure la possibilit\u00e0 di accamparsi, di approvvigionarsi e di far pascolare il bestiame. Ad esempio, ai tempi dei Romani come a quelli attuali una grossa componente del traffico si svolgeva sui fondovalle, mentre nel medioevo e anche dopo sembra si preferisca tirar dritto attraverso le montagne. Tutto ci\u00f2 si rapporta alla quota media e massima del percorso, con il clima che varia nel tempo aprendo o chiudendo i valichi. Presenze militari e forzature politiche bloccano inopinatamente certi itinerari per mesi o per secoli. Se cerchiamo dunque di fare una storia dei transiti alpini ci troviamo a dover valutare i vari percorsi possibili di volta in volta, in rapporto agli scopi del viaggio. Cominciamo dunque a chiederci quali vantaggi offrisse il transito attraverso la Valle d\u2019Aosta, per poi esaminare brevemente alcuni periodi.<\/p>\n

    \n
  1. Nella maggior parte dei periodi indagabili con metodi storici o archeologici, le regioni europee ai due lati della catena alpina nord-occidentale mostrano notevole sviluppo dei loro sistemi civili e quindi sicuro interesse ad essere collegate.<\/li>\n
  2. Nel settore nord-occidentale delle Alpi la catena \u00e8 stretta, nel senso che vaste terre pianeggianti e \u201curbanizzabili\u201d si stendono in stretta prossimit\u00e0 dei rilievi, in Canavese-Vercellese e verso il Rodano. La traversata \u00e8 quindi relativamente rapida. Altrove la catena alpina \u00e8 assai pi\u00f9 estesa ed articolata.\n

  3. Lungo il solco della Dora Baltea la penetrazione verso l\u2019asse della catena avviene senza grossi dislivelli: in oltre 80 km dall\u2019imbocco della valle si salgono dolcemente solo 700 metri. Ci\u00f2 \u00e8 dovuto alla forte impronta topografica di una dislocazione tettonica risalente ad oltre 30 milioni di anni fa, illustrata in figura: il settore nord della regione \u00e8 lentamente sprofondato lungo il piano inclinato della Faglia Aosta-Ranzola, creando all\u2019interno della catena una depressione allungata in senso est-ovest fin quasi a raggiungere lo spartiacque.<\/li>\n
  4. Nel rilievo dell\u2019alta Valle d\u2019Aosta resta forte la traccia delle ultime contorsioni della catena alpina in sollevamento. In particolare vi si affastellano, inclinate ed allungate in senso NE-SW, alcune grandi \u201cscaglie\u201d rocciose, lasciando dei varchi fra l\u2019una e l\u2019altra. Lungo il varco del Fronte Pennidico si insellano il Col de la Seigne ed il Col Ferret, lungo quello del Fronte Brianzonese si allineano il Piccolo ed il Gran San Bernardo.\n

    \"Fig.<\/a>

    3. Nel cuore della catena alpina
    si aprono colli pi\u00f9 agevoli che
    al margine, nella bassa Valle.<\/p><\/div><\/li>\n<\/ol>\n

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    Queste caratteristiche generali non sempre sono risultate sufficienti a catturare traffico ad altre pi\u00f9 blasonate vie transalpine. Sembra comunque probabile che nei millenni della preistoria olocenica (cio\u00e8 a partire dal ritiro dei grandi ghiacciai) gli scambi fra nord e sud dello spartiacque abbiano conosciuto lunghi periodi di intensa attivit\u00e0 anche attraverso la Valle d\u2019Aosta.<\/p>\n

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    \"4.<\/a>

    4. Dall’Inghilterra alla Bulgaria, le asce rituali in eclogite o giadeitite attestano che i prodotti delle Alpi Occidentali circolavano in tutta Europa seimila anni fa. British Museum, londra.<\/p><\/div>\n

    La preistoria<\/h3>\n

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    Secondo alcuni ricercatori, nei tempi pi\u00f9 antichi le terre in rilievo hanno rappresentato un habitat migliore rispetto alle paludose ed intricate terre di pianura. Ci\u00f2 si sarebbe tradotto in un regime di scambi prevalentemente fra terre in rilievo anche all\u2019interno al sistema alpino, con il massimo sviluppo delle aree collinari periferiche ai grandi massicci. Non mancano comunque indizi neolitici di scambi a pi\u00f9 vasto raggio, in primo luogo quelli relativi alle asce rituali in giadeitite, di sicura origine alpina occidentale ma le cui cave e laboratori non sono ancora ben identificati.<\/p>\n

    L\u2019intensit\u00e0 degli scambi preistorici entro e attraverso la catena appare in certi periodi ben documentabile. Ad esempio, le sepolture neolitiche per inumazione tipo Chamblandes hanno la massima frequenza in una zona tra il lago Lemano e la Valle d\u2019Aosta, suggerendo cos\u00ec una consuetudine di passaggi attraverso lo spartiacque alpino nel V millennio a. C.. In seguito, l\u2019inizio dell\u2019et\u00e0 del Rame vede la spettacolare compresenza di strutture megalitiche ad Aosta e a Sion (CH); anche in seguito la loro evoluzione appare quasi parallela per almeno un millennio.<\/p>\n

    \"5.<\/a>

    5. Le tombe neolitiche di tipo Chamblandes
    sono delimitate e coperte da lastre
    di roccia. Vollein, Quart.<\/p><\/div>\n

    La successiva et\u00e0 del Bronzo, secondo diversi autori, vede un\u2019area d\u2019influenza centro-europea (Hallstatt)<\/em> estesa a comprendere l\u2019alta e media valle della Dora, mentre la fascia di contatto con le zone d\u2019influenza sud-alpina (Golasecca)<\/em> passerebbe a met\u00e0 valle presso le Gole di Montjovet. Analogamente la cultura di La T\u00e8ne si diffonde da nord fino ai dintorni di Saint-Vincent in epoca celtica. Anche tra il IV ed il I millennio a. C. si registrerebbe dunque una sostanziale indifferenza al baluardo alpino, che verrebbe verosimilmente superato in corrispondenza del Gran San Bernardo e degli altri colli sullo spartiacque nord. In questa sommaria ricostruzione dei transiti \u00e8 da notare l\u2019apparente svincolo dai dati climatici: dalla deglaciazione (circa 10’000 a. C.) in poi si instaura un clima pi\u00f9 caldo dell\u2019attuale, con fusione di ghiacciai su vari passi in quota, ma \u00e8 dal brusco raffreddamento del 3400 a. C. (inizio et\u00e0 del Rame) che i collegamenti transalpini vengono pi\u00f9 solidamente documentati.<\/p>\n

     <\/p>\n

     <\/p>\n

    \"6.<\/a>

    6. Possibile attracco di natanti fluviali
    a lato della Strada Romana
    delle Gallie a Donnas.<\/p><\/div>\n

    La Via delle Gallie<\/h3>\n

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    Con la conquista romana gli itinerari attraverso le Alpi nord-occidentali acquisiscono evidenza archeologica. Tutta una serie di opere d\u2019ingegneria atte a sopravvivere nel tempo costellano il percorso della grande arteria che collega Eporedia<\/em> (Ivrea) ad Augusta Praetoria<\/em> (Aosta) e ad Octodurus<\/em> (Martigny), oltre alla branca per la Columna Iovis<\/em> (Piccolo San Bernardo), individuandone il tracciato con sufficiente precisione. Questo tracciato sembra rispondere ad esigenze \u201crazionali\u201d, cio\u00e8 a criteri a noi comprensibili tenuto conto dei mutamenti ambientali e dei condizionamenti della tecnologia e dell\u2019organizzazione del lavoro.<\/p>\n

    \"7.<\/a>

    7. Basamento della strada romana al Colle del Gran San Bernardo.<\/p><\/div>\n

    Verosimilmente il percorso era standardizzato su un itinerario attrezzato con mansiones<\/em> (posti tappa) e diverse infrastrutture, per cui, con o senza carri, le spedizioni mercantili e militari si concentravano sullo stesso tracciato. Fatta forse eccezione per il cromlech<\/em> del Piccolo San Bernardo, il cantiere romano della Via delle Gallie sembra aver spazzato via ogni traccia dei transiti precedenti.<\/p>\n

    Il tracciato romano suggerisce alcune osservazioni anche nella sua parte valliva a bassa quota. Tenendosi costantemente sul piede del versante, gli ingegneri romani dimostrano un grande rispetto per il fiume e le sue piene, che nonostante il clima favorevole doveva spadroneggiare per tutta la piana alluvionale del fondovalle. Un notevole investimento si vede fra Pont-Saint-Martin e Donnas, dove alla risalita all\u2019apice del conoide del Lys, per trovare roccia affiorante su cui alzare il ponte, segue la spettacolare scalpellatura degli gneiss sul lato verso Bard. Qui forse con un imbarcadero si collocava il termine della via d\u2019acqua dalla pianura.<\/p>\n

    \"8.<\/a>

    8. Ponte sulla strada romana tra Balmas e Saint-Germain, Montjovet.<\/p><\/div>\n

    Altra acrobazia costruttiva alle gole di Montjovet. Tenutasi alta tra Toffo e Balmas (forse per approfittare di un precedente tracciato fra i villaggi), la strada s\u2019inoltra giustamente nel solco secondario, abbandonando a sinistra le impraticabili forre della Dora. Per\u00f2 essa evita anche subito le detritiche pendici di Ciseran e va a cercare la roccia di Saint-Germain con un ponte imponente e anomalo, che cerca di supplire con strutture massicce alla mancanza di un solido basamento a valle. La delicatezza del tracciato gli varr\u00e0 l\u2019abbandono alla prima occasione, in epoca medievale.<\/p>\n

    La strada come istituzione imperiale si pu\u00f2 ritenere dismessa nel VI secolo, dopo l\u2019ultimo rifornimento di arredi alla villa<\/em> termale di Saint-Vincent, e ci\u00f2 in sostanziale accordo con i dati degli scavi alle mansiones<\/em> dei colli.<\/p>\n

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    Medioevo<\/h3>\n

     <\/p>\n

    Nei primi cinque secoli del Medioevo siamo sicuri che le Alpi Occidentali si attraversavano con una certa frequenza, solo che conosciamo poco i viaggiatori. Oltre a spedizioni \u201cmediatiche\u201d come quella di Carlo Magno, o del vescovo Sigerico lungo la Via Francigena, ci dovevano essere spostamenti di funzionari imperiali, di personale direttivo delle varie signorie, di militari, di ecclesiastici, di messaggeri, di ciarlatani, di predicatori. Per lo pi\u00f9 dovevano servirsi di quanto rimaneva della strada romana e delle sue pertinenze.<\/p>\n

    Nella nostra zona non \u00e8 viva la fama di briganti o pirati saraceni, ma qualche grassazione deve pur esserci stata.<\/p>\n

    \"9.<\/a>

    9. Carovana mercantile che attraversa una catena montuosa nel Mustang, Nepal.<\/p><\/div>\n

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    A partire dall\u2019XI e fino a tutto il XV secolo le cose cambiano per i passaggi transalpini come per tutta l\u2019economia e la politica di questo settore delle Alpi. Il traffico precedente non s\u2019interrompe, anzi profitta dell\u2019inserimento della Valle d\u2019Aosta nell\u2019ambito degli interessi di casa Savoia. Ma cresce senza dubbio, anche se pochissimo documentato, il traffico mercantile. Abbandonati i carri, le carovane mercantili si servivano di muli e asini, e dovevano sovente sperimentare passi alternativi per nutrire gli animali in viaggio. Lavorando per indizi, si riconosce ad esempio un nodo viario intorno ad Avise, a ridosso della Pierre Taill\u00e9e, fra i tre castelli e gli alberghi di Leverogne. Qui potevano incontrarsi flussi nord-sud e flussi est-ovest, sfruttando il Col du Mont come alternativa al Piccolo San Bernardo. Scavando invece negli archivi, vengono fuori borghi largamente alimentati dall\u2019economia del trasporto e dell\u2019albergo, come Chambave. Relativamente a quest\u2019ultimo snodo, \u00e8 doveroso citare l\u2019imponente rovina dell\u2019Ospizio di Chavacour (Torgnon), che albergava i viandanti, secondo alcune testimonianze, ancora alla fine del Settecento. Questa via, che sboccasse al colle Teodulo od al Col Collon, risulta ai nostri occhi parecchio impegnativa.<\/p>\n

    \"10.<\/a>

    10. Le imponenti rovine dell’Ospizio di Chavacour, posto-tappa ben conosciuto di una via transalpina alternativa.<\/p><\/div>\n

    Sembra comunque poter riconoscere due filoni di commerci, l\u2019uno con base locale come l\u2019esportazione di vino e macine da mulino, l\u2019altro con terminali fra i grandi mercati europei: la Champagne, le Fiandre, la Toscana, il Monferrato. Questo secondo e pi\u00f9 interessante commercio doveva contare sui resti delle strade romane, ma il contesto ambientale doveva essere poco incoraggiante, almeno fino allo sviluppo economico e civile della seconda met\u00e0 del Quattrocento. Nonostante guerre, pestilenze e caccia alle streghe, dopo l\u2019antichit\u00e0 romana il XV secolo risulta infatti di gran lunga il miglior periodo per la regione valdostana, come testimoniato dalle arti, dai documenti e dagli investimenti sul territorio (non ultima la costruzione dei ru<\/em><\/a> per l\u2019irrigazione). In realt\u00e0, il corridoio alpino nord-occidentale catturava una parte molto modesta dei traffici europei, ma poteva offrire un accesso diretto alla citt\u00e0 di Ginevra, gi\u00e0 allora nodo economico-finanziario, e in genere alla Svizzera romanda.<\/p>\n

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     <\/p>\n

    \"11.<\/a>

    11. Il museo di Saint-Nicolas-de-V\u00e9roce (Haute-Savoie) raccoglie i ricchi tesori “made in Germany” dei mercanti savoiardi del Seicento.<\/p><\/div>\n

    La grande crisi<\/h3>\n

     <\/p>\n

    Tutto ci\u00f2 finisce bruscamente nei primi decenni del Cinquecento. In questo periodo di guerra lo Stato savoiardo, ridotto ai minimi termini, non pu\u00f2 pi\u00f9 difendersi dal Re di Francia che occupa la Savoia e mezzo Piemonte, bloccando le relative vie di comunicazione. Ma il peggio arriva nel 1536: Ginevra aderisce alla Riforma protestante, e lo spartiacque nord valdostano diventa un confine politico-ideologico dei pi\u00f9 controllati. Il governo \u201cautonomo\u201d della Valle d\u2019Aosta, attivato quell\u2019anno, discute fra le prime cose l\u2019adesione alla Riforma. Il governatore Ren\u00e9 de Challant, con tutta la sua famiglia ed i poteri forti della regione, \u00e8 profondamente addentro agli interessi tridentini della Controriforma: l\u2019adesione viene respinta, condannando la regione a due secoli di durissima recessione.<\/p>\n

    \"12.<\/a>

    12. Nello stesso museo, si trova difficolt\u00e0 a spiegare l’orientamento all’area germanica dei traffici savoiardi seicenteschi.<\/p><\/div>\n

    Quasi ogni attivit\u00e0 mercantile o culturale in breve si spegne, e la peste dar\u00e0 il colpo di grazia ad una comunit\u00e0 gi\u00e0 spopolata dalla fame. Ad esempio, alla fine del Seicento una spedizione militare francese dal Piccolo San Bernardo spadroneggia per la valle, ma torna a mani vuote: in Valle d\u2019Aosta non c\u2019\u00e8 nulla da razziare. La Valle d\u2019Aosta sar\u00e0 l\u2019unica regione alpina sprovvista di mezzi imprenditoriali per sfruttare in proprio il grande business<\/em> del Sei-Settecento, le miniere: i Savoia faranno ricorso a maestranze germaniche e lombarde. Abbiamo motivo di ritenere ancora che i mercanti walser<\/em> delle nostre valli, resi meno intraprendenti dalle intimidazioni religiose, abbandonino i loro tradizionali clienti germanici lasciando campo libero ai pi\u00f9 fortunati colleghi savoiardi, che per tutto il Seicento fanno del mercato tedesco la fortuna dei loro commerci.<\/p>\n

    \"13.<\/a>

    13. La cappella di S. Margherita ad Issime, esempio seicentesco dei sistemi di organizzazione al consenso sui temi tridentini (“Processo al diavolo”, 1600).<\/p><\/div>\n

    Agli albori del turismo, i viaggiatori inglesi che si avventurano nella regione scoprono un popolo miserabile, afflitto da malattie endemiche, raccolto intorno al tenue bagliore culturale delle istituzioni ecclesiastiche, del tutto immemore della sua vivace stagione medievale.<\/p>\n

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    Nuove frontiere e nuovi transiti<\/h3>\n

     <\/p>\n

    Il passaggio di Napoleone\u00a0 con il suo esercito \u201cdi riserva\u201d (1800) mette in evidenza due punti critici del percorso transalpino: il Gran San Bernardo, innevato come lo pu\u00f2 essere in piena Piccola Et\u00e0 Glaciale, e la forra di Bard difesa dal vecchio castello. Qualche anno prima, i generali della Rivoluzione avevano fatto demolire tutte le fortificazioni sabaude <\/a>al Piccolo San Bernardo e verso il Colle San Carlo. Altri interventi militari si sovrappongono poi fino alla seconda guerra mondiale sulla linea di confine con la Savoia, ora francese, dal Col de la Seigne al Col du Mont: bunker, casematte, blocchi anticarro.<\/p>\n

    Continuano anche, alla grande, i movimenti migratori periodici e definitivi della popolazione alpina, che fino all\u2019ultimo dopoguerra si sparge attraverso i continenti.<\/p>\n

    Il viaggiatore-tipo ai colli alpini, fino allo scoppio della prima guerra mondiale, \u00e8 ora il turista europeo, di volta in volta esploratore, curista alle terme, alpinista, o solo snob. Poi, fra le due guerre, nuovamente la chiusura dei colli alle frontiere, e lo sviluppo industriale rivolto verso la pianura, al servizio dell\u2019economia nazionale.<\/p>\n

    Dalla met\u00e0 del secolo scorso, il traffico transalpino \u201csalta\u201d la regione alpina e si svolge fra aree esterne tramite infrastrutture pi\u00f9 o meno svincolate dalla geografia locale: autostrada, trafori, elettrodotti, oleodotti.<\/p>\n

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    Nota finale<\/p>\n

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    Questo articolo \u00e8 una reinterpretazione della storia dei transiti alpini assai schematica, e focalizzata su alcuni dati ancora un po\u2019 trascurati dalla storiografia tradizionale. In pratica si tratta di una serie di spunti su cui mi piacerebbe che gli addetti ai lavori facessero degli approfondimenti.<\/p>\n

    La compilazione di una lista bibliografica mi sembra qui fuori luogo, in quanto da una parte il tema \u00e8 sterminato, e d\u2019altra parte riguardo ai punti su cui sollecito l\u2019attenzione non esistono, a mia conoscenza, pubblicazioni esplicite.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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