{"id":4709,"date":"2019-01-22T16:07:31","date_gmt":"2019-01-22T15:07:31","guid":{"rendered":"https:\/\/www.andarpersassi.it\/?p=4709#content"},"modified":"2020-04-13T21:11:16","modified_gmt":"2020-04-13T19:11:16","slug":"orrido-sara-lei","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/andarpersassi.it\/orrido-sara-lei\/#content","title":{"rendered":"Orrido sar\u00e0 lei!"},"content":{"rendered":"\n

Il torrente che scorre incassato fra due pareti di roccia\nforma una gola<\/em> o forra<\/em>, nella lingua locale roteus<\/em>,\nche romanticamente viene chiamata anche orrido<\/em>.\nSenza essere sempre sublime<\/em>, il\npaesaggio degli orridi lascia a volte a bocca aperta per la sua intensit\u00e0 e\nmaestosit\u00e0. Proveremo in questo articolo a visitarne qualcuno, tanto pi\u00f9 che\ntale configurazione fornisce una quantit\u00e0 di interessanti informazioni sulla\nstoria e le caratteristiche del territorio.<\/p>\n\n\n\n

Intanto osserviamo che gli orridi nelle nostre Alpi sono assai piccoli in proporzione agli esempi mondiali pi\u00f9 noti (Gorges du Verdon, Grand Canyon del Colorado\u2026). E questo in quanto la bella riuscita di un orrido dipende innanzitutto da tre parametri. Il primo parametro \u00e8 il grado di fratturazione del corpo roccioso attraversato dal torrente. La roccia fratturata non sta in piedi a lungo e non d\u00e0 quindi tempo al torrente di scavare bene il suo solco verticale. Pochi e piccoli sono nelle nostre Alpi i corpi rocciosi che non presentano pervasivi reticoli di fratture. Infatti le rocce delle nostre montagne provengono quasi tutte dall’interno della crosta terrestre dove erano governate dalle forze che muovono la Terra profonda. Le fratture si producono probabilmente nell’ultima fase della risalita delle nostre rocce verso la superficie, quando il materiale si raffredda e si rende fragile ma \u00e8 ancora soggetto a spinte e torsioni da parte della roccia sottostante. Ulteriori fratture si producono in superficie essenzialmente per variazioni della temperatura ambientale.<\/p>\n\n\n\n

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01. Le nostre rocce “nascono gi\u00e0 rotte”. Questo almeno si direbbe guardando il panorama dal Mont Mars.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

La mobilit\u00e0 delle nostre rocce introduce un secondo criterio: la creazione degli orridi \u00e8 influenzata dai movimenti del terreno in superficie. Molti movimenti in superficie infatti avvengono in risposta a tensioni pi\u00f9 o meno profonde, in particolare le faglie che sono la forma di adattamento di una roccia rigida superficiale ad un movimento in profondit\u00e0. In genere i movimenti superficiali destabilizzano le pareti dell’orrido, ma possono anche favorire l\u2019approfondimento di solchi da parte dei corsi d\u2019acqua.<\/p>\n\n\n\n

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02. Paesaggio caotico di forra sul tracciato della faglia Cillian-Moron a Saint-Vincent.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

In terzo luogo \u00e8 da valutare il grado di erodibilit\u00e0 della roccia. Rocce solubili come quelle a base di carbonati (calcite, dolomite) permettono lo scavo verticale \u201cveloce\u201d di un orrido che pu\u00f2 approfondirsi anche in presenza di valori parzialmente sfavorevoli degli altri due parametri.<\/p>\n\n\n\n

Ovviamente si deve fare i conti con la dinamica del corso d\u2019acqua: portata, regime, profilo altimetrico… Il torrente esercita maggior forza erosiva dove \u00e8 pi\u00f9 ripido, e dunque in particolare a valle dei punti di resistenza sul suo percorso. Questa configurazione \u00e8 sovente presente negli orridi valdostani.<\/p>\n\n\n\n

Ricapitolando: rocce rotte, rocce ballerine e rocce poco solubili non favoriscono la formazione di grandi canyon n\u00e9 di altri spettacolari fenomeni erosivi. Malgrado ci\u00f2, non mancano in Valle d\u2019Aosta gli orridi di piccole dimensioni e di diversa natura, ciascuno con una sua propria genesi e, sovente, un proprio patrimonio etnografico per la suggestione che emana.<\/p>\n\n\n\n

Orrido di Betenda<\/h3>\n\n\n\n

Si trova sul fondo della Valpelline, in Comune di Oyace a\n1350 m, e ci si arriva dalla strada regionale in qualche decina di minuti con i\nsentieri n. 3 e n. 5. Si pu\u00f2 per\u00f2 fare un bel circuito partendo dalla frazione\nGrenier di Oyace. Il ponte in pietra risale al 1688, gettato su un abisso di 54\nmetri (J.-M. Henry, 1925). La roccia \u00e8 granulite basica, costituita da anfibolo\n(orneblenda) e plagioclasio calcico, appartenente al sistema continentale\nantealpino della Dent Blanche.<\/p>\n\n\n\n

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03. La Valpelline tra Oyace e Bionaz. Il fondo glaciale \u00e8 interrotto in lunghezza dalla dorsale Tornalla-Miniera che sovrasta la riva sinistra abbassata dalla faglia.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

La Valpelline \u00e8 una valle strutturale, formata da una piega a grondaia della falda rocciosa con l\u2019asse in direzione SW-NE come tutte le principali strutture valdostane. Il fondo della grondaia per\u00f2 \u00e8 fessurato un tratto nel senso della lunghezza, con il bordo destro (idr.) della fessura rovesciato a formare la piccola dorsale che corre tra la Tornalla di Oyace e la miniera di Bionaz. Sul fondo della fessura, al piede SE della dorsale, scorre il Buthier che contribuisce allo scavo dell’orrido, guidato dalla tettonica. Dal ponte si pu\u00f2 ammirare il bel rigetto della faglia che ha abbassato il lato SE con un\u2019inclinazione di oltre 60\u00b0.<\/p>\n\n\n\n

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04. Dal ponte, il rigetto della faglia che ha abbassato il lato SE della valle e creato la forra.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Orrido di Introd<\/h3>\n\n\n\n

Sulla Dora di Rh\u00eames con direzione sud-nord, questa forra costeggia ad occidente il risalto su cui sorge il castello di Introd, alla quota di circa 850 m. Essa \u00e8 conosciuta soprattutto per il ponte della strada regionale della Valsavarenche che la sovrasta di un\u2019ottantina di metri, ponte ad arco in pietra costruito nel 1916 ora in attesa di restauro. La roccia dell’orrido \u00e8 un calcescisto, antico sedimento argilloso e calcareo, appartenente forse ad una delle digitazioni verso SW del Complesso oceanico piemontese.<\/p>\n\n\n\n

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05. L’orrido e, in secondo piano, il ponte di Introd.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

La genesi dell’orrido \u00e8 legata ad una delle tante dorsali ad andamento SW-NE che controllano il rilievo di questa parte della regione. Come avviene in modo spettacolare in Valgrisenche, anche qui il torrente salta da un solco strutturale all\u2019altro tagliando di netto la dorsale interposta. Il materiale roccioso della dorsale inoltre \u00e8 \u201cvelocemente\u201d erodibile in quanto facilmente solubile (carbonato di calcio) e la forra riesce bella rettilinea. Le dorsali (di cui si parla in altro articolo<\/a>) coinvolgono indistintamente tutte le unit\u00e0 geologiche, per cui la loro surrezione si situa cronologicamente alla conclusione del processo orogenico (miocene, 5 milioni di anni fa?), ed il loro taglio ad opera dei torrenti ancora dopo.<\/p>\n\n\n\n

Orrido di Pont d\u2019Ael (Aymavilles)<\/h3>\n\n\n\n

Ancor pi\u00f9 che ad Introd, qui \u00e8 il ponte che \u00e8 celebre, non senza ragione: il ponte-acquedotto firmato e datato all\u2019anno 3 a. C. \u00e8 un enigmatico capolavoro dell\u2019ingegneria romana. Esso scavalca in 60 metri un orrido qui profondo 66 metri ma assai esteso lungo il corso della Grand\u2019Eyvia, fra le quote 900 e 850 m circa. Nella parte alta, a sud del ponte, il torrente contorna un risalto massiccio con le pareti est e sud a picco, sulle quali \u00e8 ancora in parte visibile un vertiginoso tracciato di canale in semi-galleria, in qualche modo legato all’acquedotto del ponte.<\/p>\n\n\n\n

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06. Traccia della canalizzazione romana sulla parete dell’orrido di Pont d’Ael a monte del ponte<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

La roccia \u00e8 un gneiss scuro a grana fine con albite, clorite\ne biotite che fa parte di un grosso nodulo cristallino detto anche Corpo della\nValsavarenche, spaccato in due da eventi tettonici miocenici (da 20 a 5 milioni\ndi anni fa); nel solco ivi aperto, che il ghiacciaio quaternario non ha granch\u00e9\nallargato, passa il torrente che quindi risulta incassato e \u201corrido\u201d. A valle\ndel ponte invece la valle \u00e8 pi\u00f9 aperta e il fondo prativo conserva materiali e\nmorfologia glaciali, sotto ai quali per\u00f2 il torrente scorre ancora molto\nprofondo e incassato fra pareti ancora di gneiss. Per questo inconsueto\napprofondimento sotto il piano di erosione glaciale alcuni Autori hanno\ninvocato per questa zona un sollevamento recente a ritmo elevato, che abbia\nlocalmente stimolato l\u2019azione erosiva del torrente.<\/p>\n\n\n\n

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07. A valle del ponte-acquedotto, morfologie glaciali con incisione profonda nei tenaci gneiss del Nomenon.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Orrido di Pr\u00e9-Saint-Didier<\/h3>\n\n\n\n

Celebre dai tempi del primo turismo termale sette-ottocentesco, quest\u2019orrido intorno ai 1050 m di quota \u00e8 ora attrezzato per essere visitato anche dall\u2019alto con una passerella panoramica. La sua particolarit\u00e0 \u00e8 quella di ospitare l\u2019unica sorgente calda (circa 35\u00b0C) della regione, conosciuta almeno dal XVI secolo se non gi\u00e0 dai Romani o ancor prima. La temperatura \u201ctiepida\u201d dell\u2019acqua sorgiva \u00e8 forse dovuta alle tensioni che scaldano la roccia in una zona di recente sollevamento ed in prossimit\u00e0 del Fronte Pennidico, dove la placca europea sprofonda sotto l\u2019edificio alpino. Alcuni resti di infrastrutture ottocentesche sono ancora visibili appena a valle della forra. Il torrente che percorre l’orrido \u00e8 la Dora di Verney (o di La Thuile) che poi costeggia il capoluogo e si getta nella Dora Baltea. Sulla sua sponda destra, appena a monte della forra si apre la galleria di una miniera di rame abbandonata.<\/p>\n\n\n\n

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08. Storici edifici delle Terme ottocentesche di Pr\u00e9-Saint-Didier.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

L’orrido consiste nel profondo taglio di una piccola dorsale ad andamento ovest-est costituita da marmi impuri, calcescisti e conglomerati a clasti calcarei appartenenti all’Unit\u00e0 Sion-Courmayeur. Perch\u00e9 quella piccola dorsale sia l\u00ec non \u00e8 chiaro, ma in ogni caso essa ha funzionato da soglia glaciale alla confluenza dell\u2019antico ghiacciaio del Ruitor con quello balteo. Il torrente ha inciso fino in fondo questa soglia per circa 160 m di profondit\u00e0, lasciando belle pareti verticali sui lati. Se, come sembra, la maggior parte dello scavo \u00e8 stata fatta dopo la scomparsa del ghiacciaio, la velocit\u00e0 di approfondimento deve essere stata notevole, almeno nei primi tempi, dell\u2019ordine di un centimetro all’anno, facilitata dalla natura solubile della roccia.<\/p>\n\n\n\n

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09. La forra di Pr\u00e9-Saint-Didier nel tratto in cui sgorga l’acqua calda.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Gorge de l\u2019Enfer<\/h3>\n\n\n\n

Piccolissima e suggestiva forra della Dora Baltea, che segnaliamo per la piacevolezza del percorso di visita che dal ponticello a valle di Arvier fa un anello passando ai piedi delle vigne e nel bel borgo di Leverogne. L’orrido, a 700 m di quota, inizia alla confluenza della Dora di Valgrisenche e taglia di netto l\u2019estremit\u00e0 di uno dei tanti costoloni ad orientamento SW-NE che controllano la Valgrisenche. La forra ha dunque un inconsueto orientamento SE-NW. La roccia \u00e8 il bel micascisto argenteo dell\u2019Unit\u00e0 di Leverogne.<\/p>\n\n\n\n

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10. Alla confluenza con la Dora di Valgrisenche inizia la piccola forra della Dora Baltea.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Gole di Montjovet<\/h3>\n\n\n\n

Luogo carico di storia e di reperti archeologici anche preistorici, delle gole di Montjovet si sa che ebbero un ruolo di frontiera, o meglio di contatto, fra culture nord-europee e culture mediterranee dal Neolitico all\u2019et\u00e0 del Ferro, e ancora ai tempi della conquista romana segnarono il limite dell\u2019area romanizzata facente capo ad Eporedia. La Strada romana delle Gallie evit\u00f2 la gola per passare a monte, sulla sinistra idrografica, con un tracciato molto pi\u00f9 razionale di quello dell\u2019attuale strada statale, che segue i rifacimenti medievale e settecentesco. Un paio di castelli dominano le gole dal Medioevo. La gola vera e propria \u00e8 in parte sconvolta dall\u2019autostrada che sfiora lo storico Ponte delle Capre gettato nel punto pi\u00f9 stretto; alla testata del ponte \u00e8 inciso in pietra lo stemma sabaudo.<\/p>\n\n\n\n

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11. Un tratto delle Gole di Montjovet.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

L’orrido, percorso dalla Dora Baltea, inizia da una soglia rocciosa alla quota di 420 m s.l.m. in Comune di Saint-Vincent e si sviluppa per circa 2 km su 40 m di dislivello. \u00c8 inciso in una serpentinite qua e l\u00e0 intersecata da sottili livelli di clorite (\u201cpietra ollare\u201d). La roccia \u00e8 sorprendentemente sana e poco fratturata, conservando diffusamente gli arrotondamenti ed i solchi lisci dell\u2019abrasione glaciale. Le rare fratture corrispondono per lo pi\u00f9 a piccole e medie dislocazioni nell’ambito della faglia multipla detta dell\u2019Ospizio Sottile, di direzione SW-NE, attivatasi nel Miocene, tra 20 e 5 milioni di anni fa. Una bella faglia N-S parallela alla forra \u00e8 altres\u00ec visibile sul sentiero che porta al Ponte delle Capre da sud. \u00c8 senz’altro grazie a queste faglie che la Dora Baltea, gi\u00e0 costretta dalla precedente faglia Aosta-Ranzola ad un percorso W-E, riesce qui ad uscire dal solco e riprendere a sud la via del mare. Queste faglie costituiscono altres\u00ec l\u2019innesco della bella Frana di Rodoz, in letteratura erroneamente Frana del Monte Avi, dalle fresche forme concavo-convesse che attraversa con il suo corpo detritico tutta la gola a Champ\u00e9rioux. Un grande lago si era formato a monte dello sbarramento prima che questo venisse inciso fino in fondo dall’emissario, e restano depositi lacustri in molti luoghi della media valle.<\/p>\n\n\n\n

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12. Lo storico Ponte delle Capre, uno dei pi\u00f9 affidabili e meno danneggiati dalle piene della Dora.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Di altri orridi parleremo, se vi va, in una prossima puntata…<\/p>\n\n\n\n

Qualche indicazione bibliografica<\/p>\n\n\n\n