{"id":4753,"date":"2019-02-01T21:39:39","date_gmt":"2019-02-01T20:39:39","guid":{"rendered":"https:\/\/www.andarpersassi.it\/?p=4753#content"},"modified":"2020-04-13T16:01:19","modified_gmt":"2020-04-13T14:01:19","slug":"passeggiando-pigramente-al-sole-pallido-dinverno","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/andarpersassi.it\/passeggiando-pigramente-al-sole-pallido-dinverno\/#content","title":{"rendered":"Passeggiando pigramente al sole pallido d’inverno"},"content":{"rendered":"\n

Quota 540 metri sul livello del mare. Fermiamo la macchina davanti ad una sbarra bianca e rossa. Calziamo gli scarponi, buona abitudine anche per le piste sterrate. Dove porter\u00e0 la pista? Ad una discarica ovviamente, se no non sarebbe sbarrata. Ma una traccia prosegue oltre in leggera discesa, e sbocca su un luminoso ripiano a pi\u00f9 livelli, qua e l\u00e0 tenuto su da muretti a secco, irregolarmente inframmezzato da mucchi di sassi da spietramento (meurdzire<\/em>) semicoperti da cespugli pi\u00f9 o meno spinosi. Fin qui tutto regolare, apprezziamo la passeggiata, circa 8 minuti in tutto.<\/p>\n\n\n\n

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1. Improvvisa appare la voragine beante sulla roccia del promontorio.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Ma una fila infossata di alberelli attira la nostra attenzione e i nostri passi. Altol\u00e0, l\u2019erbetta finisce davanti ad un salto di sette-otto metri, non si vede bene il fondo al buio. La lunga voragine \u00e8 intermittente, brevi tratti sono riempiti di terra e sassi e formano agevoli passaggi aldil\u00e0 del solco, che \u00e8 largo un paio di metri. Dove si vedono, i bordi sono di roccia viva. Tiriamo fuori la bussola (il telefonino ci mette troppo tempo): direzione quasi esattamente nord-sud. <\/p>\n\n\n\n

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2. Il solco \u00e8 rettilineo, a sponde parallele, largo un paio di metri.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Seguiamo il solco verso nord, ma lo perdiamo scendendo in un bosco intricato. Torniamo verso sud, dove il solco spezza in due il promontorio roccioso appena coperto di erba indigesta a qualsiasi quadrupede salvo le capre, che lasciano vistosi mucchietti di petolle<\/em> in segno di gradimento. Sul bordo del ripiano notiamo un manufatto che ci intenerisce il cuore: dove inizia la discesa, il solco \u00e8 sbarrato dal muretto a secco a sostegno del ripiano, costituendo cos\u00ec un eccezionale intervento umano in un fenomeno tettonico.<\/p>\n\n\n\n

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3. Una lenticella di quarzo ci informa del senso di movimento.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Il solco s\u2019infila nel pendio mantenendo i fianchi paralleli come un torrente arginato negli anni ottanta, col fondo ingombro di blocchi di pietra delle pareti e altro materiale pi\u00f9 minuto. Poi il pendio precipita e io tengo famiglia, non sono andato a vedere come finisce. Ma siamo andati ad esaminare la roccia dei fianchi del solco. Si tratta di marmo con molti silicati (ci \u00e8 sembrato: mica, clorite, quarzo in noduli ma forse anche anfibolo e altro) a livelli e bande delicatamente sinuose, molto eleganti a vedersi. Ma quello che cercavamo sulle pareti erano degli indicatori del movimento della faglia, perch\u00e9 era evidente che di una faglia si trattava. Cio\u00e8 un pezzo di montagna che si muove, si sposta. Fra tutti gli indizi di movimento, abbiamo privilegiato una paretina verticale piana con una lenticella di quarzo che mostra sporgenze asimmetriche a ripetizione, delle dimensioni di circa 5 centimetri: da un lato sono perpendicolari alla superficie della roccia, dall’altro digradano dolcemente. Abbiamo cos\u00ec ritenuto di individuare nel movimento della roccia una componente trascorrente destra: il lato ad ovest si \u00e8 spostato verso nord. Nulla sappiamo per ora della componente verticale in quanto non abbiamo elementi per valutare l\u2019eventuale erosione che pu\u00f2 aver successivamente pareggiato le superfici e \u201cannullato\u201d il rigetto (lo spostamento in verticale). Se la faglia \u00e8 stata attiva in tempi postglaciali la componente verticale era nulla o quasi.<\/p>\n\n\n\n

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4. Incisione figurativa su roccia affiorante in marmo a silicati, abrasa dal ghiacciaio quaternario.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

E in effetti il grosso problema per noi \u00e8: quando si \u00e8\nprodotta la faglia? Tutto lascia pensare che se fosse stata attiva solo prima o\ndurante le glaciazioni il solco non avrebbe queste forme cos\u00ec nette e fresche,\ne sarebbe riempito di materiale glaciale. Se invece si \u00e8 attivata dopo la\ndeglaciazione, ci viene un brivido: potrebbe essere ancora attiva, e una simile\nscossa, sia pure diluita nel tempo, pu\u00f2 fare grossi danni se si ripete ora.<\/p>\n\n\n\n

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5. Incisione declamatoria datata.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Meditando sulla fragilit\u00e0 della civilt\u00e0 umana ci avviamo al ritorno perlustrando il bordo SE del ripiano quando ci imbattiamo in una serie di marmi affioranti belli piatti levigati dall\u2019antico ghiacciaio. Quasi tutti recano incise scritte di epoca storica. Una frase fascista ha il merito di recare una chiarissima data: 18-11-1935 – A. XIV. Una frase religiosa. Un fiasco con un bicchiere. Una serie di frasi un po\u2019 consumate dal tempo, iscritte a stampatello entro una serie di lunghi festoni paralleli delimitati dalle bande di silicati entro il marmo. Altre scritte che bisogner\u00e0 impegnarsi per decifrare. E poi, in bella evidenza, due termini catastali della tipologia classica.<\/p>\n\n\n\n

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6. Uno dei due segni catastali che abbiamo rinvenuto.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Difficile in Valle d\u2019Aosta trovare un luogo in cui non ci\nsia niente di interessante.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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