{"id":5172,"date":"2019-10-13T22:26:45","date_gmt":"2019-10-13T20:26:45","guid":{"rendered":"https:\/\/andarpersassi.it\/?p=5172#content"},"modified":"2020-08-14T08:15:55","modified_gmt":"2020-08-14T06:15:55","slug":"la-miniera-doro-allo-stolenberg-una-rivelazione-sul-mondo-walser","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/andarpersassi.it\/la-miniera-doro-allo-stolenberg-una-rivelazione-sul-mondo-walser\/#content","title":{"rendered":"La miniera d’oro allo Stolenberg: una rivelazione sul mondo walser"},"content":{"rendered":"\n

In Comune di Gressoney-La-Trinit\u00e9, a quasi 3000 metri sul Monte Rosa, si apre questa miniera d\u2019oro che si rivela un vero tesoro di informazioni storiche e antropologiche.<\/p>\n\n\n\n

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01. Una larga falda detritica di difficile percorribilit\u00e0 separa attualmente la miniera dalla zona di prima lavorazione del minerale al Baraccone.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Come e\nperch\u00e9 la miniera<\/p>\n\n\n\n

Il giacimento fa parte di quella collana di mineralizzazioni aurifere attorno al Monte Rosa che interessa le valli di Macugnaga (Pestarena), Alagna (Kreas) e la valle d\u2019Ayas (Bechaz e Chamousiraz). Tali mineralizzazioni sono da riferire all’intensa circolazione di fluidi silicei e relative fratture innescate dalla messa in posto della falda cristallina del Monte Rosa a partire dall’Oligocene (circa 30 milioni di anni fa). Una di queste grandi fratture oligoceniche riempite di quarzo d\u00e0 spettacolo sull’ultimo tratto del sentiero che sale dall’Alpe Indren all’edificio minerario (\u201cBaraccone\u201d) nel piano sottostante la miniera.<\/p>\n\n\n\n

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02. L’imbocco della galleria si apre alla base di una lunga fessura verticale nella bancata rocciosa.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n
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03. Questo \u00e8 l’imbocco della miniera come appare attualmente (2019).<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Attualmente (2019) della miniera \u00e8 visibile l\u2019imbocco principale a 2995 m al piede della roccia dello Stolenberg, alla base di una grande frattura verticale. Lo si raggiunge pi\u00f9 comodamente dall’alto, dal Colle delle Pisse con una traccia di sentiero nella pietraia. A proprio rischio e pericolo \u00e8 possibile inoltrarsi nella galleria per una trentina di metri o poco pi\u00f9. La galleria sfonda verso l\u2019alto seguendo la frattura nella roccia. La frattura doveva corrispondere ad un livello mineralizzato a pirite aurifera entro gneiss e micascisti granatiferi a fengite, rocce a metamorfismo polifasico (antealpino poi alpino) derivanti da sedimenti pi\u00f9 antichi. Ai lati dell\u2019imbocco sono incluse nella roccia spesse lenti di eclogiti ad anfibolo blu (Zona di Furgg auct.<\/em>).<\/p>\n\n\n\n

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04. La galleria \u00e8 stretta ma non presenta particolari difficolt\u00e0 di passaggio. Il minerale fu abbattuto anche verso l’alto dove ora c’\u00e8 il vuoto.<\/figcaption><\/figure><\/div>\n\n\n\n
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05. All’interno della galleria si possono attualmente percorrere una trentina di metri.<\/figcaption><\/figure><\/div>\n\n\n\n

Pochi fori da martello pneumatico indicano uno sfruttamento protrattosi nella prima parte del secolo scorso. Non vi \u00e8 attualmente traccia di discariche, malgrado qualche testimonianza contradditoria (Gregori, 2003): tutto il materiale estratto doveva venire evacuato e trasportato a valle (al Baraccone sottostante la miniera, poi all\u2019Alpe Indren) tramite il ben tracciato percorso minerario di cui restano discontinui indizi. Le successive operazioni a caldo (distillazione, poi eventualmente fusione) avvenivano presso la storica abitazione della famiglia Vincent (V\u00e9nzenz)<\/em> a Ondre Chachtal in Comune di Gressoney-Saint-Jean.<\/p>\n\n\n\n

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06. L’origine della mineralizzazione aurifera \u00e8 suggerita dai filoni di quarzo che indicano una fratturazione del substrato sotto tensione per il movimento ascensionale del massiccio del Rosa con circolazione e liberazione di fluidi silicei.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Come e dove\nsi lavorava<\/p>\n\n\n\n

Come accennato, a valle della miniera alla quota 2914 m in\nposizione riparata e sicura, sorge un solido ed articolato edificio minerario\ninteramente in pietra a secco, chiamato dai Vincent il \u201cBaraccone\u201d, che sfrutta\na fini architettonici la struttura a lastroni della roccia. La copertura \u00e8 ora\nin gran parte crollata ed ostacola il rilevamento nei vani di eventuali\nattrezzature o altri manufatti. Il fabbricato serviva da laboratorio e da\nalloggiamento per il personale della miniera. Vi si eseguiva con ogni\nprobabilit\u00e0 una prima frantumazione e cernita del materiale della miniera,\nanche se non sono evidenti cumuli di scarti. Piccole quantit\u00e0 di roccia\nmineralizzata e frantumata occupano comunque ancora il fondo di alcune cavit\u00e0\nsu massi sparsi. Negli immediati dintorni si riconoscono altri interventi che\nadattano il terreno ed i blocchi in detrito ad usi strumentali (ancoraggi,\ncavit\u00e0, supporti) o di insediamento (ripari). <\/p>\n\n\n\n

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07. Quel che resta del “Baraccon”, alloggio dei minatori e sito di prima frantumazione dei blocchi di minerale estratti dalla miniera.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n
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08. La struttura a lastre della roccia affiorante permette soluzioni architettoniche di bell’effetto.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n
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09. Pochi resti di roccia mineralizzata ridotti a pezzi centimetrici occupano alcune cavit\u00e0 nei massi circostanti il Baraccone.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Poche decine di metri a nord, sulla stessa spianata\nalluvionale, si apre uno scavo verticale profondo qualche metro, troppo breve\nper essere definito trincea, protetto da tre lati dai resti di un muro a secco\ndi altezza variabile fino a un metro e mezzo. Il lato sud dello scavo, e\nparzialmente quello nord, sono costituiti da pareti verticali di roccia in\nposto. I blocchi in detrito, presumibilmente estratti dallo scavo, sono tutti\npi\u00f9 o meno mineralizzati a solfuri, in particolare pirite in globuletti e masserelle\nsottili. Lo scavo sembra approfondito o comunque rimaneggiato di recente. Questo\npunto (2915 m), e non l\u2019imbocco soprastante, \u00e8 segnato sulla Carta regionale\ncol simbolo della miniera dismessa.<\/p>\n\n\n\n

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10. Il pozzo-trincea a cinquanta metri dal Baraccone; \u00e8 indicato come miniera sulla carta regionale.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Pi\u00f9 in basso, ai 2540 m dell\u2019Alpe Indren, due edifici, uno piccolo ristrutturato ed uno grande ora in rovina, hanno accolto, almeno per un certo periodo, le principali lavorazioni sul materiale della miniera. In particolare sono o sono state visibili in sopralluoghi recenti tre macine da mulino pi\u00f9 una \u201cdi riserva\u201d mai usata, una delle quali saldata all\u2019albero in ferro (verifica personale) e un\u2019altra incisa delle iniziali N. V. (Nicolas Vincent) e datata 1814 (Lombardo 2015). Quest\u2019ultima secondo certe testimonianze (Gregori, 2003) costituirebbe il cosiddetto \u201cmulinone\u201d per la frantumazione del materiale grezzo di miniera in sabbia grossolana; altrove la frantumazione si faceva gi\u00e0 con frantoi a ganasce.<\/p>\n\n\n\n

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11. Un tratto della via mineraria di collegamento tra il Baraccone e l’Alpe Indren.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n
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12. L’Alpe Indren (2540 m) con il casotto ristrutturato. Sullo sfondo, in centro, la montagna dello Stolenberg.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n
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13. I ruderi del mulino principale all’Alpe Indren.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Appena a monte dell\u2019edificio superiore \u00e8 scavata una vasca alla quale giunge un canale orizzontale con presa sul torrentello che scende dalla miniera. L\u2019opera idraulica lunga circa 250 m \u00e8 inattiva da tempo ma i lavori di derivazione sono in buono stato e rapidamente attivabili.<\/p>\n\n\n\n

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14. Alpe Indren. A sinistra in basso i resti della vasca. Dal centro verso destra il canale di adduzione dell’acqua.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n
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15. La presa del canale per i mulini dell’Alpe Indren dal ruscello che scende dalla miniera.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

Il processo\ndi estrazione<\/p>\n\n\n\n

La coltivazione della miniera in s\u00e9 non comportava disagi\nparticolari, ma enormi erano gli ostacoli determinati dalla quota. Il processo\ndi estrazione dell\u2019oro dalla roccia poi era piuttosto laborioso, con una larga\nparte fatta a mano. A grandi linee tale processo pu\u00f2 essere sintetizzato a\npartire dalla pirite aurifera nel modo che segue.<\/p>\n\n\n\n

  1. I blocchi contenenti pirite vengono staccati e\ndiscesi al Baraccone sotto la miniera.<\/li>
  2. Qui vengono gi\u00e0 in parte frantumati a mano e\nselezionati, poi caricati sui muli (o nelle gerle dei portantini) e discesi\nall\u2019Alpe Indren.<\/li>
  3. Il materiale viene ridotto a sabbia grossolana\nnel \u201cmolinone\u201d per essere poi passato ai cosiddetti \u201cmolinetti\u201d.<\/li>
  4. I molinetti dell\u2019Alpe Indren sono dotati di\nmacine in roccia quarzitica. La ruota inferiore, pi\u00f9 grande (circa h 60 cm x \u00d8\n50 cm) e assai incavata, viene riempita con acqua. La ruota superiore \u00e8 fissata\nall\u2019albero fatto girare dalla forza idraulica. La macinatura viene regolata\nmolto fine.<\/li>
  5. Al fango ottenuto si aggiunge qualche decilitro\ndi mercurio.<\/li>
  6. Quando il mercurio si \u00e8 ben amalgamato (si sente\ndalle vibrazioni della ruota), si fa arrivare acqua corrente per un lavaggio\nche elimina il fango sterile. Poi si scarica tutta l\u2019acqua, e rimane uno strato\ndi mercurio con impurit\u00e0.<\/li>
  7. Il mercurio viene trasferito in un recipiente\nper ulteriore lavaggio facilitato dalla densit\u00e0 del materiale utile che resta\nin fondo.<\/li>
  8. Il mercurio pulito viene pressato in un filtro,\nin genere una pelle scamosciata. Il mercurio puro esce e viene recuperato;\nresta nel filtro un nucleo di amalgama.<\/li>
  9. I noduli di amalgama vengono raccolti e\ndistillati a caldo (probabilmente gi\u00f9 a Chachtal di Gressoney St-Jean) con\nrecupero ulteriore del mercurio.<\/li>
  10. L\u2019oro residuo contiene ancora impurit\u00e0 che\nvengono eliminate per fusione, forse ancora a Chachtal di St-Jean. La fusione\nfinale (1064\u00b0C) viene di norma pi\u00f9 proficuamente demandata a centri\nspecializzati esterni che vi recuperano anche platino e altri minerali utili.<\/li><\/ol>\n\n\n\n
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    16. Ritrovamento del “molinone” all’Alpe Indren. Esso serviva a ridurre a sabbia le rocce mineralizzate. Foto Nadia Guindani.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

    Stando ai documenti, la coltivazione della miniera inizia nel\n1786 e si esaurisce con la prima guerra mondiale. Il periodo di pi\u00f9 regolare\nattivit\u00e0 corrisponde alla gestione della famiglia Vincent di Gressoney St-Jean dall\u2019inizio\nagli anni \u201920 del XIX secolo. Durante questo periodo furono anche esplorati e coltivati\naltri siti nei dintorni, tra cui la zona di Bors sul versante valsesiano, e fu\ncostruita la Capanna Vincent sul crinale verso la Pyramide Vincent da qui\nconquistata alpinisticamente in quel tempo. L\u2019ultimo periodo di sfruttamento \u00e8\nlegato all\u2019attivit\u00e0 dei fratelli Salati di Alagna, che dettero il nome al passo\nora nodo funiviario.<\/p>\n\n\n\n

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    17. Alpe Indren. La “pila” (macina inferiore fissa) di un “molinetto” per la lavorazione al mercurio della sabbia mineralizzata a pirite aurifera.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

    L\u2019impresa,\nl\u2019impegno, la sfida <\/p>\n\n\n\n

    Fin dall\u2019inizio la gestione della miniera si caratterizza\nper uno stile imprenditoriale sconosciuto alle altre realt\u00e0 minerarie\nregionali. Essa infatti rientra in un agglomerato economico attivo in altri\nrami, amministrato razionalmente, in cui si valutavano investimenti sulla base\ndi strategie complesse e non seguendo criteri contingenti. Il piccolo impero\neconomico dei Vincent, analogamente alle altre 88 imprese multinazionali (!!!)\ndichiarate a Gressoney-Saint-Jean nel censimento del 1806 (Sibilla, 1990), si sviluppa essenzialmente\nnelle aree economicamente forti di lingua tedesca (le odierne Svizzera e\nGermania). In particolare Nicolas Vincent ha la sua residenza ed il suo centro\neconomico a Costanza sul Reno (von Welden,\n1824). Il metodo di penetrazione dei mercanti walser nelle aree centro-europee\n\u00e8 abbastanza noto, almeno per il periodo aureo sette-ottocentesco. Tale modello\nsi basa su un\u2019organizzazione dinamica con almeno una decina di dipendenti, che\nprevede sede fissa e distribuzione porta a porta; punti forti sono i servizi\npost-vendita e le tecniche innovative di finanziamento al consumo.<\/p>\n\n\n\n

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    18. Schizzo ad acquerello e china conservato dagli eredi Vincent, nel quale \u00e8 raffigurato il percorso dalla miniera (in alto a destra) al Baraccone (sulla riva del torrente) e all’Alpe Indren (in basso a sinistra) con il relativo canale. Da Lombardo V., 2015.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

     Le imprese walser si\ninseriscono dunque in quei mercati mediante materiali, tecniche e manodopera\nprovenienti dalla patria d\u2019origine, le alte valli del Monte Rosa. Soprattutto\nla territorialit\u00e0 walser della manodopera impiegata nell\u2019impresa favorisce da\nuna parte la saldezza dei legami tramite i regolari anche se brevi ritorni\nstagionali (con la sorprendente evoluzione dei soggiorni da \u201cemigrazione\nstagionale in Germania\u201d a \u201cferie lavorative a Gressoney\u201d), dall\u2019altra favorisce\nl\u2019acquisizione di mentalit\u00e0 e conoscenze a livello europeo da parte di una\nlarga fetta di giovent\u00f9. Naturale quindi che in qualche modo, con manodopera\nevoluta, il modello economico vincente oltralpe cerchi di venire riprodotto dagli\nstessi imprenditori nelle valli della madrepatria, valorizzando al massimo le\nrisorse locali.<\/p>\n\n\n\n

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    19. La casa-madre della famiglia Vincent a Ondre Chachtal di Gressoney-Saint-Jean.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

    In questo quadro si inserisce l\u2019investimento di Nicolas\nVincent nello sfruttamento della miniera dello Stolenberg, che si configura ben\npi\u00f9 come una esplorazione scientifica pianificata nel lungo periodo, che come\nuna delle tante rapine minerarie sostenute dalle commesse militari sabaude.\nDiversi indizi corroborano la tesi di una gestione lungimirante della miniera,\ntra cui l\u2019ordinato svolgimento delle complesse pratiche di concessione con\nl\u2019amministrazione sabauda, la calma sicurezza nei contenziosi con altri\npretendenti, l\u2019unanime consenso popolare per l\u2019impresario, e infine l\u2019assenza\ndi rimostranze per lavori non pagati, che denota la presenza di un progetto da\nportare a compimento indipendentemente dai risultati contingenti.<\/p>\n\n\n\n

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    20. Ritratto di Jean-Nicolas Vincent (figlio). Da Gregori M. F., 2003.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

    Interessante \u00e8 anche la personalit\u00e0 dei due principali\nmanager della miniera, Nicolas Vincent e suo figlio Jean-Nicolas Vincent, che a\nCostanza si inseriscono ad alti livelli non solo nella vita economica ma\naltres\u00ec in quella culturale (Gregori,\n2003) con le loro collezioni d\u2019arte. Le loro lettere ed i loro documenti\ncontrattuali, come i resoconti d\u2019attivit\u00e0 mineraria, redatti in perfetto\nfrancese, aprono uno spaccato affascinante sulla vita avventurosa di questi\nimprenditori fuori del comune, a cavallo delle Alpi innevate che attraversano\ncome pellegrini qualsiasi, rispettando il tempo e le stagioni.<\/p>\n\n\n\n

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    21. Tenui tracce di antichi accampamenti sui colli che portano al Theoduljoch ed alla Svizzera tedesca. Saranno opera dei mercanti walser durante i loro brevi ritorni in patria?<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

    Rivediamo le nostre idee<\/p>\n\n\n\n

    Si impongono a questo punto diversi interrogativi, in quanto questa vicenda non quadra con l\u2019immagine della montagna a cui secoli di studi storici e antropologici ci hanno abituato. In genere tali studi postulano una forte marginalit\u00e0 della montagna, vuoi per l\u2019oggettiva inferiorit\u00e0 nei rendimenti economici, vuoi per presunte tendenze all’autarchia o all\u2019isolamento. Qui invece saltano via tutti i dogmi alla base di tale presunta marginalit\u00e0. Vengono smentiti la prevalenza della piccola propriet\u00e0 coltivatrice, la scarsit\u00e0 degli scambi, e vivaddio anche il monopolio culturale della Chiesa. Un approccio storico pi\u00f9 aderente ai dati di cui disponiamo potrebbe contemplare alcune delle ricerche seguenti:<\/p>\n\n\n\n

    1. In che misura il caso \u201cGressoney XVIII-XIX secolo\u201d sia diffuso, tanto in ambito walser che pi\u00f9 generalmente alpino. Elementi caratteristici di un modello alternativo si trovano gi\u00e0 ad esempio nell’Alta Savoia del XVII secolo e pi\u00f9 tardi in Alta Valsesia (Viazzo, 1990).<\/li>
    2. Quali forze stimolano o, al contrario, frenano la dinamica del modello. In particolare \u00e8 da studiare il ruolo delle forze controriformiste (Chiesa, Stato sabaudo) nelle diverse comunit\u00e0 durante i secoli di \u201cfervore\u201d religioso.<\/li>
    3. Tenuto conto dei vincoli ambientali, quali meccanismi regolano, nel corso dei secoli XVIII e XIX, gli scambi con le comunit\u00e0 vicine (Gressoney-Issime) o lontane (Gressoney-Canavese\u2026).<\/li>
    4. Quali equilibri reggono la divisione del lavoro sul territorio. Il ruolo delle donne come quello dei salariati esterni (Viazzo, 1990) \u00e8 fondamentale per capire il funzionamento del modello.<\/li>
    5. In che misura l\u2019eredit\u00e0 del periodo aureo walser pu\u00f2 aver favorito il successivo sviluppo turistico di Gressoney, con la presenza della famiglia reale.<\/li><\/ol>\n\n\n\n
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      22. Saint-Nicolas-de-V\u00e9roce (Alta Savoia). Il ricco museo presenta oreficerie e opere artistiche di fattura germanica frutto degli intensi flussi migratori dal secolo XVII.<\/figcaption><\/figure>\n\n\n\n

      Detto per inciso, e a mo\u2019 di provvisoria conclusione, lo\nsviluppo economico sette-ottocentesco di Gressoney contraddice anche al\ndeterminismo sia geografico che ambientale. Infatti esso si verifica nella\nvalle walser con pi\u00f9 difficolt\u00e0 di transito transalpino, e nel periodo peggiore\ndella Piccola Et\u00e0 Glaciale. Con buona pace di chi credeva che tutto fosse\nsemplice\u2026<\/p>\n\n\n\n

      Ringraziamenti<\/p>\n\n\n\n