In molti abbiamo assistito alla piacevolissima presentazione in TV, da parte del dott. Guido Cossard, della nuova scoperta archeo-astronomica in quel di Donnas.
Approfittando di una di queste giornate soleggiate e non troppo fredde, siamo andati sul posto a vedere e a verificare quanto nelle nostre modeste competenze. Ecco qui di seguito un piccolo approfondimento.
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L’astronomia delle pietre
La proiezione della luce del sole attraverso un foro o una finestrella su un “pavimento” contrassegnato con le diverse stagioni e date dell’anno è ampiamente adottata nell’architettura (dal gotico all’Ottocento), ad esempio in alcune cattedrali. Qui si tratterebbe più semplicemente di far passare un raggio di luce solare attraverso un foro nella roccia e di raccoglierlo, nei suoi vari spostamenti, al fondo di una cavità della stessa roccia, aperta ed accessibile dall’esterno.
Teoricamente, fra tutti i manufatti antichi in pietra, il calendario solare a foro passante è il più chiaro messaggio archeologico che ci possa pervenire: evidente nello scopo, inequivocabile nelle forme, rivelatore del livello concettuale degli individui che l’hanno espresso. Al confronto, graffiti, coppelle, stele o menhir forniscono informazioni molto meno precise. Anche gli allineamenti od orientamenti fra oggetti o segni costituiscono per lo più, a nostro parere, incerti e labili indizi.
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La Natura propone…
Su tutto il versante roccioso in questione, numerosi sono i siti potenzialmente predisposti ad accogliere un calendario solare. A riprova, abbiamo trovato un altro incavo completo di foro a circa duecento metri in linea d’aria. I requisiti naturali che in questa zona permettono la creazione di un calendario solare sono elencati qui di seguito.
- Il rilievo generale risulta da una massa di roccia dura e tenace, a tessitura granulare, i cui cristallini sono stesi su superfici parallele sovrapposte, assai inclinate. La roccia è composta da feldspati, mica, epidoti con livelletti di quarzo concordanti con l’orientamento generale. Per gli esperti, si tratta di una facies di transizione tra i micascisti eclogitici affioranti ad est (Quincinetto…) ed i gneiss minuti affioranti ad ovest (Arnad).
- Intercalati nella massa rocciosa, vi sono alcuni inclusi stratoidi dello spessore di una decina di centimetri, concordanti con l’orientamento generale, composti di roccia basica, cioè contenente meno silice e più ferro-magnesio in quanto materiale derivato da antiche colate di magma basaltico. Si tratta di lenticelle e “budini” di anfibolo e clorite, roccia relativamente tenera che forma piccoli solchi là dove affiora in superficie.
- La superficie della roccia affiorante, cioè il pendio roccioso, deve essere inclinato di almeno 60° perché negli inclusi basici possa innescarsi il processo di erosione e possano trovar posto i diversi elementi del calendario.
In pratica, lungo la parete rocciosa solcata in orizzontale dalle fasce più tenere si aprono serie di cavità tondeggianti che penetrano verso l’interno e verso l’alto seguendo la roccia a clorite e anfibolo. Questo fenomeno, molto diffuso e in certi contesti spettacolare, è il tafone, su cui la ricerca scientifica ci fornisce ancora pochi dettagli.
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…e l’uomo ne dispone (forse)
Una volta scavate queste cavità all’interno della parete, non resta che scegliere un punto in cui la superficie esterna della parete rocciosa e quella interna del tafone siano abbastanza vicine per praticare un foro di collegamento e far entrare un raggio di luce solare che va a stamparsi sul fondo del tafone. Appositi riferimenti incisi sul fondo potrebbero segnare i solstizi e gli equinozi (all’alba, o al tramonto, o a mezzodì…).
Le perplessità riguardo al “calendario” di Donnas arrivano proprio a questo punto.
- Sul fondo del tafone non ho individuato in modo inequivocabile dei segni artificiali che possano fungere da riferimento. D’altronde il materiale abbastanza tenero potrebbe aver sfarinato cancellando un po’ l’incisione.
- Il foro superiore è più grosso di quel che ci si aspetterebbe per effettuare una misura sufficientemente precisa. D’altronde il foro potrebbe esser stato allargato in tempi posteriori all’uso.
- Lo spessore minimo del tetto del tafone dove c’è il foro può far pensare ad uno sfondamento accidentale. Però il foro è di forma regolare e non presenta bordi fratturati o taglienti.
- La presenza poco distante di un complesso analogo (tafone + foro) con aspetto assai naturale può indurre qualche dubbio sull’ipotesi che il nostro sia un manufatto per misurare il tempo.
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Conclusione
Una scoperta come questa sarebbe correttamente valutabile in un contesto di ampi e documentati studi sulla preistoria alpina e valdostana, dopo centinaia di scavi, inventari e analisi su tutto il territorio regionale che rigurgita di indizi e siti promettenti. Per adesso manca tutto o quasi, mentre quel poco che c’è (Mont Fallère, St Martin de Corléans) autorizza le aspettative più clamorose. Ma i colpi di fortuna sono rari, e il “calendario” di Donnas sarei propenso a tenerlo in evidenza, proprio come argomento e stimolo per un lavoro più sistematico…
Interessanti e utili informazioni.
Più che giustificati i dubbi sull’origine antropica del “calendario”.
Grazie.