Usciamo dalle Alpi! Via dalle rocce “profonde e fredde”, andiamo a toccare magmi ancora quasi caldi, appena spremuti da modeste profondità. Andiamo a cercare belle sezioni sulle scogliere, bagnati dalla tiepida acqua mediterranea. Cerchiamo cristalli di rocce appena un po’ scottate, e fossili di fondali marini già vivi e vitali.
Per ragioni pratiche, diamo di volta in volta l’indicazione del sito da visitare, con l’idea che si arrivi nei paraggi in automobile. Ma in genere è possibile arrivarci anche a piedi, tramite uno dei sentieri tracciati dal CAI e da altri organismi territoriali.
Le terre più antiche
Spiaggia di Terranera (Porto Azzurro). 42°46’21.72″ N / 010°25’8.44″ E.
Zuccale (Capoliveri). Da 42°45’7.06″ N / 010°21’30.30″ E a 42°45’11.21″ N / 010°21’25.35″ E.
Banalmente il giro può cominciare dai luoghi più famosi e frequentati dai collezionisti, come questa spiaggia di Terranera. Qui, tra suggestivi resti di archeologia mineraria, spicca il laghetto a solfuri color verde smeraldo, ma bei cristalli di pirite è ormai difficile trovarli.
La spiaggia sud, nera come dice il nome, è quasi interamente composta di ematite più o meno sbriciolata. Ematite (ossido di ferro) si trova comunemente anche negli altri siti dismessi di estrazione come, più a nord, a Rio Marina. A sud-est invece fin dall’antichità etrusca si estraeva la magnetite dal Monte Calamita, ma i luoghi sono off-limits per il pubblico.
Tutte queste mineralizzazioni sono incluse in rocce formatesi almeno 300 milioni di anni fa, le più vecchie dell’isola. Si tratta di rocce continentali di origine sedimentaria, poco deformate, a piccoli cristalli di mica bianca (sericite), clorite, quarzo e feldspati che formano il basamento e, con l’aggiunta di carbonati, la copertura della placca adriatica ora affiorante nella vicina Toscana continentale.
Beninteso noi, che siamo originali e snob, ci interessiamo pochissimo ai celebri cristalli di Terranera ed osserviamo invece, nello stesso luogo, le superfici quasi piatte di queste vecchie rocce affioranti. Esse sono percorse da contorti festoni di roccia chiara, a grana finissima, che le ravvivano per lunghi tratti. Ecco dunque in contatto intrusivo la più giovane roccia dell’isola con la più vecchia, e c’è tutta una storia avventurosa in mezzo. Quella storia che andremo a cercare nel nostro itinerario di roccia in roccia attraverso tutta l’isola d’Elba.
Si apre l’oceano
Punta della Contessa, Lacona (Capoliveri). Da 42°45’33.98″ N / 010°17’57.63″ E a 42°45’23.39″ N / 010°17’49.89″ E.
Lo chiameremo oceano liguro-piemontese come quello alpino, perché si apre nello stesso periodo (circa 100 milioni di anni fa) e in analoga situazione paleogeografica, tra l’Europa (che ora non troviamo più in affioramento) e la Toscana “africana”. Come tutti gli oceani, si espande producendo sul suo fondo serpentiniti, gabbri e basalti; poi si riempie all’inverosimile di sedimenti prevalentemente calcarei. Come in tutti gli oceani che si rispettano, si pensa ci fosse una subduzione, cioè si pensa che la placca oceanica, al suo margine, sprofondasse pian piano nel mantello sottostante. Ma, contrariamente a quel che succede nell’arco alpino (e nella Corsica alpina che ne faceva parte), non ritroviamo poi in superficie i brandelli rocciosi sprofondati nella subduzione. Vecchie rocce continentali toscane e nuove rocce oceaniche sono rimaste lì in fondo al mare a coprirsi di sedimenti per un bel po’ di milioni di anni. Finché…
Ma andiamolo a vedere questo fondo oceanico, così ben esposto nella traversata di Punta della Contessa nel gran golfo di Lacona (Capoliveri), dove le serpentiniti basali sono accompagnate da ogni sorta di breccia serpentinitica a cemento calcareo (oficalciti).
Serpentiniti e marmi associati costituiscono materia prima per i muri delle ville romane in raffinati cromatismi (opus reticulatum).
Punta della Crocetta (Marciana Marina) 42°48’24.05″ N / 010°12’17.78″ E.
Invece le effusioni di lava basaltica sul fondo oceanico non trovano migliore scenografia che alla Punta della Crocetta, arrivando a Marciana Marina da Portoferraio, dove i faraglioni di cuscini lavici nero-bluastri sono sacralizzati da una statua della Madonna dai geologi detta Nostra Signora dei Pillows.
Marina di Campo 42°44’29.78″ N / 010°14’18.09″ E.
Come accennato, abbondano i depositi di sedimenti oceanici, dalle argille a palombini ai calcari a calpionelle, per non citare che i più celebri. A volte differenti sedimenti interagiscono fra loro sul fondo oceanico per compenetrazione, creando figure inattese, mentre altre volte sono coinvolti in grandi frane sottomarine creando alternanze chiamate flysch.
Ancora, vedremo che i sedimenti oceanici sono in prima fila quando, da circa 8 milioni di anni a 4,5 milioni di anni fa, la risalita di magmi caldi destabilizza la loro mineralogia e crea un particolare metamorfismo ricercato dai collezionisti di cristalli.
Si stringe l’oceano
A partire da 30 milioni di anni fa prende avvio un processo che condiziona tuttora la geodinamica tra Tirreno ed Adriatico, compresa tutta la catena appenninica ed i suoi rovinosi terremoti. Nelle prime fasi del processo è la rotazione del blocco sardo-corso verso est che comanda l’azione. Dalla penisola iberica, dove si trovava, il blocco si sposta come un pendolo facendo collidere la catena alpina (Corsica) con la placca adriatica (Toscana). Ben poco di questo evento compressivo vedremo nei nostri vagabondaggi, se si eccettua forse il sovrascorrimento delle unità oceaniche (ofioliti liguri) sulle unità toscane. L’oceano liguro-piemontese sparisce senza che la convergenza delle placche continentali faccia impennare il rilievo o accavallare in modo spettacolare i corpi rocciosi. L’isola d’Elba, come l’arcipelago toscano, esce da questa collisione con un basamento continentale che si estende con continuità dalla Corsica alla Toscana.
Nelle fasi successive i fronti più attivi si spostano verso sud, con la creazione di un fondo oceanico nel Tirreno dietro all’arco vulcanico delle Eolie che segna la subduzione, e verso est, con la dinamica appenninica di contrazione e rilascio che rende altamente sismica la zona. Per fortuna questi nodi nevralgici della penisola italiana interessano solo marginalmente la nostra Isola d’Elba e possiamo rimandarne lo studio ad un articolo futuro.
Un nuovo oceano si fa strada fra dicchi e plutoni
Il mar Tirreno meridionale viene trasformato in oceano, ma come già accennato più a nord, fra Corsica e Toscana, resta una crosta continentale, sia pure assottigliata. Sotto questa crosta il mantello si solleva anche qui come nel Tirreno Sud, e in qualche punto perviene a fondere per la minor pressione mantenendo la sua temperatura oltre gli 800°C. Così, tra 8 e 4,5 milioni di anni fa, assistiamo a spettacolari eruzioni vulcaniche nel mare toscano come nella penisola (la placca adriatica è la stessa), alternate alla intrusione nella crosta di plutoni che poi vengono a volte spinti ancora ben in alto, come il Monte Capanne all’isola d’Elba. Fenomeni secondari lasciano tracce che ritroviamo durante la nostra escursione. Per esempio la tettonica distensiva legata alla risalita del mantello stacca e divide in due il corpo delle antiche unità oceaniche: ora le ritroviamo in due serie principali ripetute a qualche chilometro di distanza.
San Piero 42°44’48.17″ N / 010°12’31.81″ E.
Capo Bianco 42°49’16.18” N / 010°18’56.16” E.
Sant’Andrea 42°48’30.63″ N / 010° 8’25.75″ E e 42°48’27.09″ N / 010° 8’50.91″ E.
Ma, come già accennato, la manifestazione principale di questi tentativi di oceanizzare l’alto Tirreno sono le intrusioni di magma di cui riconosciamo diverse risalite nel plutone del Monte Capanne, e di cui l’ultima è rappresentata dal plutone indipendente La Serra-Porto Azzurro. In linea con questa tendenza sarà interessante visitare: a) le diverse successive intrusioni di magma, tutte ben riconoscibili e in parte cronologicamente ordinate intorno al plutone del Monte Capanne ed al suo interno; b) dicchi, laccoliti e filoni granitici così come si spremono fuori dalla loro roccia incassante; c) le trasformazioni mineralogiche (metamorfismo di contatto) indotte dall’intrusione calda nelle diverse rocce incassanti. Tutte queste osservazioni vengono riportate qui nelle immagini e nelle didascalie di fine articolo, con l’idea che ogni arrivo di magma in superficie è un messaggio-chiave per farci capire che cosa succederà nel profondo della nostra penisola. La posta in gioco è alta perché se capiamo bene il funzionamento di questo sistema potremo gestire meglio anche i tremendi rischi sismici che da esso dipendono.
Spartaia 42°47’19.39″ N / 010°14’7.74″ E.
Capo Norsi da 42°45’48.78″ N / 10°20’10.21″ E a 42°45’41.30″ N / 010°19’57.31″ E.
Complimenti per la chiara e dotta relazione accompagnata da molte belle immagini,che sara’difficilmente apprezzata come dovrebbe nella sua esauriente spiegazione da profani come il sottoscritto, che (a suo tempo era interessato solo alla raccolta di campioni di cristalli mineralogici … ora mi limito solo alla letteratura d’ epoca, avendo superato gli 80 anni).
Spero che questa passione si trasmetta anche ai giovani, anche se mi sembra che limitazioni e burocrazia riducano di molto il coivolgimento dei giovani….