Duecento anni: questo è l’arco di tempo in cui la Torre di Pramotton (Donnas) ebbe un ruolo attivo sul territorio.
Ma in quel periodo di duecento anni, dalla fine del XII al XV secolo, solo per qualche mese, diciamo un paio d’anni sommando tutto, c’è stato qualcuno dentro ad occuparla. Inoltre, ben di rado c’erano più di due persone di guarnigione, impegnate a fare perlustrazioni nei dintorni e non certo a fare segnali di fumo o altri strani giochini con le altre torri e castelli a portata di vista.
Insomma, la torre di Pramotton come probabilmente altre torri duecentesche in Valle d’Aosta (ad esempio la Tornalla di Oyace) aveva un ruolo militare assai modesto, una attestazione di presenza riferita quasi solo alla struttura vuota, e una funzione di appoggio territoriale limitata alla visibilità del manufatto.
Tuttavia inutile non era: nel nostro caso una funzione di sorveglianza a vista del territorio sembra poter essere ipotizzata nell’ambito dei poteri assegnati al signore di Bard (e in seguito al castellano in nome del conte di Savoia). La torre di Pramotton infatti apparteneva con continuità territoriale al castello di Bard, che non aveva vista diretta sul Canavese. Essa svolgeva dunque occasionalmente le funzioni di “occhio” verso lo sbocco della valle sulla pianura canavesana.
A titolo di esempio, la torre fu attrezzata come base di pattugliamento dello sbocco vallivo in occasione della rivolta canavesana dei Tuchini nel 1386. In tutto il corso della sua esistenza, il presidio alla torre fu attivato altre quattro o cinque volte.
Alla torre si giunge tramite un bel sentiero che parte dalla base rocciosa (310 m s.l.m.) del promontorio provenendo dal villaggio di Pramotton attraverso i prati modellati dalle esondazioni della Dora. Alla quota 400 m circa si attraversa una costiera rocciosa panoramica, ma in nessun punto del percorso si potrà godere della vista della pianura canavesana, che resta sempre nascosta da vegetazione e dirupi. Così non era probabilmente nei secoli di attività della torre, essendo ipotizzabile una manutenzione regolare, o almeno occasionale, dei punti di osservazione verso il Canavese.
Poco più in alto si incontra una casa addossata ad un roccione, fino a qualche anno fa riccamente dotata di fontana a vasca monolitica, pollaio, e crottin con una bella porta in legno. Qui si diparte a destra un sentiero che lascia la torre a sinistra e sale poi sul versante verso il Bric Vert e gli altri villaggi al confine con Scalaro ed il Piemonte. Noi invece proseguiamo a sinistra attraversando una rete di bassi e massicci muretti a secco visibilmente legati alla torre sia in senso radiale che circolare.
Lungo una selletta (500 m) si oltrepassa la torre poco visibile sulla nostra destra e si ammira una maestosa barma con porta e “viale” d’ingresso. Quindi si abborda la salita al cocuzzolo da un quadrante sud. Scavalcato un muretto, si entra in una fascia di rocce scure, bluastre, sia in posto che in grandi massi accatastati. Qui c’è la spiegazione del rilievo in contropendenza su cui sorge la torre, con queste eclogiti (così si chiamano le nostre rocce a pirosseno giadeitico, anfibolo blu e granato) che tengono su il promontorio roccioso essendo estremamente dure e resistenti all’erosione.
Le belle eclogiti salendo sfumano rapidamente in rocciacce rugginose, dove è difficile riconoscere i minerali originari. Il basamento roccioso appare già in questo stato all’attraversamento del muro perimetrale sud della torre, dove ci infiliamo in una regolare apertura cui manca la parte superiore (arco e/o architrave). Il muro prosegue ancora con continuità sui tre lati accessibili intorno alla torre, solo parzialmente sventrato in un varco sul lato ovest. Il rilievo culmina a 553 m s.l.m.
La torre è subito lì, ancorata ad un basamento roccioso irregolare, che la rende alta 10,38 m nel punto di maggiore sviluppo dell’elevato, mentre si limita a 8,50 m nel punto in cui il basamento è più alto.
Ma la caratteristica più evidente è l’eleganza della sua pianta esagonale sottolineata dai magnifici blocchi angolari in marmo bianco, un marmo stretto parente di quello di Candoglia con cui è costruito il duomo di Milano. In questo contesto cromatico perfino le pietre rugginose dello riempimento, analoghe a quelle del basamento, fanno un’ottima figura.
Questo marmo “antico” è visibile in bande ritorte su diversi massi nel ripiano dietro la torre, in quanto è un componente normale dell’Unità dei Micascisti eclogitici qui affiorante; ma non ho notato cave o prelievi in misura compatibile con i 300 blocchi necessari alla costruzione.
Per il resto la torre presenta analogie con altri edifici dell’epoca, come la porta che si apre a quasi 5 metri dal suolo, e l’utilizzo del legno per tutte le strutture interne ed accessorie. L’uniformità del legante (una malta assai tenace) e le tracce delle impalcature confermano che l’edificazione avvenne in un solo episodio, collocabile non molto dopo l’inizio del secolo XIII in quanto la torre è menzionata in un atto di spartizione dei beni familiari del 1214. L’interno è visitabile tramite una breccia alla base del muro est, già presente e documentata all’epoca della costruzione del Forte di Bard nel 1830.
Altre notizie si possono trovare nell’esauriente studio dell’archeologo Mauro Cortelazzo:
Cortelazzo M. (2018) – Il Castrum de Aviès e la sua torre esagonale. Una fortificazione di confine nei territori sabaudi del XIII secolo. In: Le archeologie di Marilli. Miscellanea di studi in ricordo di Maria Maddalena Negro Ponzi Mancini. Edizioni dell’Orso, Alessandria, 259-277.
La pubblicazione con molti altri scritti di grande interesse è liberamente accessibile sul sito internet dell’autore www.cortelazzomauro.it oppure https://independent.academia.edu/MauroCortelazzo.
Ciao Francesco,
grazie per il testo, sempre completo ed interessante e per le belle foto.
Anch’io sono salito alla torre per una visita (e documentazione per una mia guida) e ho notato la straordinaria struttura.
Ho letto da qualche parte (ora non mi ricordo su quale documento) che essa serviva non solo per un controllo a scopi militari ma anche per una verifica sui transiti commerciali e di animali tra i territori della Valle d’Aosta e di quelli confinanti.
Risulta anche a Te ?
Spero proprio che questa bella torre possa essere restaurata velocemente e suggerisco ai lettori di questo articolo di effettuare una visita al manufatto.
Si tratta di una breve ma bella escursione.
Ancora un grazie.
Enea
Tenderei ad escludere un ruolo daziario per la torre. I controlli e pedaggi si effettuavano al Castello di Bard (dove c’è la contabilità) e, pro tempore, al castello di Castruzzone per conto del Vescovo di Vercelli. Le carovane commerciali così come il transito minuto passavano sulla sponda sinistra della Dora.
Grazie Enea per il tuo intervento e complimenti come sempre per la tua intensa e interessante attività sia sul terreno che sul web. Francesco.
Molte, molte grazie per le informazioni, i riferimenti bibliografici e le bellissime foto.
Sono nata e cresciuta ai Prati Nuovi di Pont.-St.-Martin e questa torre, proprio di fronte alla nostra cucina di allora, è fortemente radicata nei miei occhi e nel mio immaginario.
Sono salita da molto adulta a vederla direttamente e a vedere cosa si vede da lassù.
La Bassa Valle d’Aosta riserva molti luoghi interessanti.
Buona giornata e ancora sentite grazie.